TRASFORMAZIONE: NATURA GIURIDICA
La trasformazione è un’operazione straordinaria attraverso la quale la società muta veste giuridica, restando nell’ambito delle società lucrative nel caso di trasformazione omogenea, o divenendo un ente casualmente diverso in caso di trasformazione eterogenea.
Il legislatore del 2003 ha posto fine alla questione circa la natura giuridica della trasformazione: alla luce del principio di continuità, la trasformazione è ritenuta una semplice modifica statutaria.
Lo stesso legislatore non si è curato però di dare una nozione organica e sistematica del fenomeno di trasformazione.
È proprio la mancanza di una precisa nozione di trasformazione che pone i dubbi sull’ utilizzabilità di tale strumento ogni qual volta il caso di specie possa essere ricondotto alle medesime caratteristiche di un caso disciplinato ex lege.
Per il disposto dell’art. 2498 c.c., ogni volta che ci troviamo di fronte ad una trasformazione, si verifica una mera modifica dello statuto. Pertanto non vi è alcun trasferimento di patrimonio tra società di diversa forma o tipo, ma è il medesimo ente che assume una diversa forma o tipo (principio di continuità).
Voltura e Trascrizione dell’atto di trasformazione hanno fini di pubblicità notizia, non verificandosi alcun trasferimento tra soggetti diversi (è il medesimo soggetto giuridico che “cambia vestito“).
“Osservando la vicenda giuridica della trasformazione, dopo aver esaminato codesti principi teorici, sembrerebbe non applicabile alla specie di trasformazione la seguente normativa in tema di:
– trasferimento dei fabbricati (articolo 40 della legge 28 febbraio 1985 numero 47; articolo 46 del D.P.R. 6 giugno 2001 numero 380);
– trasferimento dei terreni (articolo 30 D.P.R. 6 giugno 2001 numero 380);
– conformità catastale (articolo 29, comma 1-bis, legge 27 febbraio 1985 numero 52);
– prestazione energetica (articolo 6, comma tre, del decreto legislativo 19 agosto 2005 numero 192);
– prelazione dello Stato per la circolazione dei beni culturali (articolo 60 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42).”
La trasformazione, intesa come vicenda modificativa della società originaria, non causa e non determina la creazione di un nuovo soggetto distinto dall’ente originario, provocando una modificazione dell’atto costitutivo della società, la quale incide sulla sua forma giuridica, così da assoggettare per il futuro la società alla normativa propria della forma societaria prescelta.
Giova al riguardo evidenziare che, se pur la Dottrina, a seguito della modifica alla lettera dell’art. 2504-bis c.c., attuata con la riforma del diritto societario, la quale ha espunto dal testo dell’articolo medesimo il termine “estinte” con riferimento alle società partecipanti, ritenga che anche la fusione (come la scissione) sia come la trasformazione una mera modifica statutaria, a seguito della sentenza n. 21970/2021 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si è tornati a definire la fusione come una vicenda estintiva costitutiva, per le conseguenze indicate nel relativo nostro articolo di commento.
La semplice modificazione statutaria di trasformazione assolve la funzione di evitare un complesso procedimento di estinzione della società e di ricostituzione della società medesima, ai fini dell’ottenimento del risultato di continuità dei rapporti giuridici, con particolare riguardo ai diritti e agli obblighi, dei quali la società sia di titolare.
L’operazione straordinaria di trasformazione è causa inderogabile di recesso.
Ciò anche nelle ipotesi nelle quali la stessa operazione costituisca un “opportuno provvedimento” ai sensi dell’art. 2447 c.c..
Pertanto, in caso di S.P.A., giusto il disposto dell’art. 2437 ter comma V c.c., sarà necessario che l’organo amministrativo rispetti il diritto dei soci di conoscere la determinazione del valore di liquidazione delle azioni nei quindici giorni precedenti alla data fissata per l’assemblea chiamata a deliberare la trasformazione.
Quale vicenda modificativa delle società caratterizzata dal principio di continuità dei rapporti giuridici, fissato dall’articolo 2498 c.c., ha una natura eccezionale, poiché consente il passaggio tra diverse tipologie di enti, con deroga al normale procedimento di estinzione e di ricostituzione dei soggetti giuridici coinvolti nell’operazione.
La vicenda trasformativa sarebbe, altresì, contraddistinta dalla sussistenza di un presupposto di natura soggettiva, ossia la plurisoggetività dell’ente coinvolto, e di un presupposto di natura oggettiva, ossia la cosiddetta separazione patrimoniale.
Dette ultime considerazioni assumono rilievo per valutare l’ammissibilità della trasformazione di società in impresa individuale.
La possibilità per l’unico socio di adottare la “forma” di impresa individuale porterebbe infatti per questo ultimo l’indiscutibile vantaggio di poter evitare la fase di liquidazione, assumendo però la responsabilità personale ed illimitata per tutte le obbligazioni sociali, oltre al naturale effetto di naturale continuità di tutti i contratti e rapporti giuridici. Si consentirebbe, infatti, al socio unico che intenda proseguire l’attività come imprenditore individuale, di continuare a gestire la medesima impresa senza soluzione di continuità e senza essere costretto a passare dalla fase della liquidazione, con conseguente neutralità della vicenda sotto il profilo contabile e fiscale.
Nella fattispecie del passaggio da società in impresa individuale, potremmo riscontrare la continuazione dell’attività di impresa e dello scopo di lucro, ma il risultato finale dell’operazione sarebbe quello di non prevedere un procedimento di liquidazione formale oppure sostanziale, il quale sia in grado di permettere la protezione della garanzia patrimoniale dei creditori.
Questi rilievi dovrebbero portarci alla conclusione della qualificazione di codesta operazione in termini di trasformazione eterogenea, con la conseguenza di ritenere applicabile la figura dell’opposizione dei creditori ex articolo 2500-novies del codice civile.
La trasformazione da società di persone in impresa individuale e da società a responsabilità limitata e da società per azioni unipersonali in impresa individuale dovrebbe essere qualificata come trasformazione eterogenea, regressiva e non nominata.
– eterogenea poiché contempla una figura di approdo, l’azienda condotta da un imprenditore individuale, la quale si colloca al di fuori dell’ambito societario.
– regressiva perché comporta l’involuzione della società verso un soggetto giuridico più semplice.
– non nominata perché non compresa fra le ipotesi di trasformazione trattate dal codice.
Essendo tipicamente ammessa la trasformazione in e da comunione di azienda (pertanto con discontinuità soggettiva), non dovrebbe potersi impedire il passaggio da una società unipersonale ad una azienda gestita da un imprenditore individuale.
A fronte di aperture della dottrina favorevoli appunto all’ammissibilità della figura che risponde ad un principio di economia di mezzi giuridici e non pregiudica i creditori (tutelati in modo identico a quella che appare, da questo punto di vista, una situazione speculare ovvero la trasformazione eterogenea in comunione d’azienda), la giurisprudenza non pare ancora ammettere espressamente la trasformazione in o da impresa individuale.
La Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con sentenza n. 496 del 14 gennaio 2015, ha infatti ritenuto che il passaggio da una società (ente collettivo) ad una impresa individuale non possa integrare una trasformazione in senso tecnico.
Per la Suprema Corte, come per la giurisprudenza precedente, la trasformazione in senso tecnico sarebbe caratterizzata dal passaggio da un “ente plurisoggettivo” ad un altro “ente plurisoggettivo”, mentre la cosiddetta prosecuzione di una società unipersonale in ditta individuale altro non sarebbe che uno scioglimento con contestuale assegnazione del patrimonio sociale all’unico socio (con salto totale della fase di liquidazione, che non è ammissibile in caso di società di capitali).
[…] trasformazione è operazione straordinaria della società “di partenza” (trasformanda) ed è atto […]