
H.C. – SPA – AMMINISTRAZIONE IN GENERALE E SISTEMA TRADIZIONALE
H.C.11 – (NATURA DELLE DETERMINAZIONI DELL’ORGANO GESTORIO UNIPERSONALE E NON APPLICABILITÀ DELL’ART. 2405 C.C. – 1° pubbl. 9/06 – modif. 9/19 – motivato 9/19) Le decisioni dell’organo gestorio unipersonale non sono il frutto di una deliberazione preceduta da una discussione ma attengono alla sfera personale del soggetto investito del potere decisorio. A quanto sopra consegue che quando la legge richiede che determinate decisioni dell’organo gestorio debbano risultare da atto pubblico (si pensi al disposto dell’art. 2410, comma 2, c.c., ovvero dell’art. 265, comma 3, del D.Lgs. n. 14/2019) nel caso in cui questo sia costituito da un unico soggetto non trovano applicazione i formalismi previsti per le decisioni degli organi collegiali né è richiesta la presenza o la preventiva convocazione del collegio sindacale (vedi anche orientamento H.K.4).
H.C.16 – (DELEGABILITÀ A SINGOLI AMMINISTRATORI O AL COMITATO ESECUTIVO DEGLI OBBLIGHI DI CUI AL COMMA 2 DELL’ART. 2086 C.C. – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritiene che i doveri attribuiti all’organo gestorio dal disposto del comma 2 dell’art. 2086 c.c., cioè quelli “di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” siano delegabili a singoli amministratori o al comitato esecutivo, fermi restando gli obblighi di vigilanza e di intervento diretto posti a carico del consiglio di amministrazione dall’art. 2381 c.c..
H.C.17 – (LIMITI ALL’ATTRIBUZIONE DI POTERI GESTORI A SOGGETTI DIVERSI DAGLI AMMINISTRATORI – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) L’art. 2380 bis c.c., come riformato dal D.Lgs. n. 14/2019, prevede che “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori”. Tale disposizione appare volta a rendere esplicito un principio già presente nel sistema: quello che la responsabilità della gestione dell’impresa in relazione al suo equilibrio finanziario e al mantenimento della continuità aziendale gravano necessariamente sugli amministratori (nei limiti indicati dall’art. 2381, comma 5, c.c. in presenza di organi delegati), indipendentemente da chi in concreto, nel rispetto delle regole organizzative interne, abbia deciso un determinato atto. La responsabilità necessaria degli amministratori anche quando siano stati autorizzati dai soci a da altri organi sociali a compiere un determinato atto gestorio era già affermata dall’art. 2364, comma 1, n. 5, c.c. e dall’art. 2409 terdecies, comma 1, lettera f bis, c.c.. La nuova formulazione dell’art. 2380 bis c.c. non può dunque essere intesa come una abrogazione implicita delle norme che consentono di attribuire nella s.p.a. poteri di gestione, diretta o indiretta, a soggetti diversi dagli amministratori (si pensi alla possibilità per i soci di autorizzare determinati atti degli amministratori prevista dal comma 1, n. 5, dell’art. 2364 c.c.; alla possibilità per il consiglio di sorveglianza di deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari previsti dalla lettera f bis, comma 1 dell’art. 2409 terdecies c.c.; alla nomina di procuratori speciali, institori, direttori generali o preposti a sedi secondarie). Piuttosto tale disposizione rende evidente che all’organo amministrativo spetta sempre il diritto/dovere di non compiere gli atti autorizzati dai soci o da altri organi sociali, ove ritenuti dannosi per la società.
H.G.-SPA – MODIFICHE DELL’ATTO COSTITUTIVO – OPERAZIONI SUL CAPITALE E OPERAZIONI DI RIPIANAMENTO PERDITE
H.G.39 – (AUMENTO DI CAPITALE SENZA OPZIONE A PREZZO VARIABILE E/O CON MINIMO DETERMINATO – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritengono legittime le delibere di aumento di capitale senza opzione in cui sia determinato un prezzo minimo di emissione con facoltà per gli amministratori di collocare le nuove azioni anche ad un prezzo maggiore, a loro discrezione o in base a criteri o parametri predeterminati nella delibera. Si ritengono altresì legittime le delibere di aumento di capitale senza opzione in cui il prezzo di emissione non sia determinato ma sia determinabile secondo criteri oggettivi. La somma dei prezzi effettivamente richiesti non potrà comunque essere inferiore all’aumento di capitale. Nelle suddette ipotesi il parere del collegio sindacale sulla congruità del prezzo di emissione dovrà essere espresso con riferimento al prezzo minimo o agli eventuali criteri di determinazione adottati.
H.G.40 – (AUMENTO DI CAPITALE SENZA OPZIONE CON DIRITTO DI SOTTOSCRIZIONE CONDIZIONATO – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritengono legittime le delibere di aumento di capitale senza opzione il cui diritto di sottoscrizione da parte dei soggetti a cui è riservato sia subordinato al verificarsi di determinati eventi non meramente potestativi.
H.G.41 – (ASSENZA DI UN TERMINE MASSIMO LEGALE PER LA SOTTOSCRIZIONE DI UN AUMENTO DI CAPITALE – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) L’art. 2439, comma 2, c.c. dispone che la delibera di aumento di capitale deve prevedere il termine entro il quale le azioni di nuova emissione debbano essere sottoscritte. L’art. 2441, comma 2. c.c. stabilisce poi il termine minimo legale che deve essere concesso ai soci per esercitare il diritto di opzione (quindici giorni dalla pubblicazione dell’offerta) ma non quello massimo entro il quale l’aumento debba essere sottoscritto da chiunque ne abbia diritto. Stante quanto sopra si deve ritenere che ove l’interesse sociale lo esiga, circostanza che non può mai verificarsi nell’ipotesi dell’aumento in ricostituzione di cui all’art. 2447 c.c., sia legittimo far coincidere il termine finale di sottoscrizione con un periodo particolarmente lungo, anche di anni.
H.I.- SPA – AZIONI E LIMITI ALLA LORO CIRCOLAZIONE
H.I.28 – (CONVERSIONE FORZOSA AZIONI E PARITÀ DI TRATTAMENTO DI CATEGORIA – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Nelle società azionarie non quotate si ritiene legittima la “conversione forzosa” di azioni ordinarie e/o di categoria in azioni di altra categoria, a condizione che la deliberazione adottata dall’assemblea straordinaria, in assenza del consenso unanime dei soci, rispetti il principio di parità di trattamento, se del caso applicato nella misura attenuata di cui all’art. 2376 c.c. In ipotesi di conversione “forzosa”, il socio assente, astenuto o dissenziente, sussistendo i presupposti per l’applicazione dell’art. 2437, co. 1, lett. g), c.c., ha diritto di recedere dalla società.
H.I.29 – (LEGITTIMITA’ DELLA CLAUSOLA DI RISCATTABILITA’ DELLE AZIONI DEL SOCIO INATTIVO O IRREPERIBILE – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritiene legittima la clausola statutaria che preveda che le azioni siano riscattabili, dalla società o dagli altri soci, ai sensi dell’art. 2437-sexies c.c., qualora il socio titolare di tali azioni non partecipi, nell’arco di un periodo di tempo significativo, ad alcuna attività assembleare. Nel rispetto del principio di parità di trattamento dei soci, la predetta clausola di riscattabilità può essere introdotta nello statuto, successivamente alla costituzione della società, con le maggioranze richieste per le modificazioni statutarie, purché l’operatività del riscatto si riferisca a comportamenti successivi alla data di introduzione della clausola stessa. La clausola di riscattabilità, come sopra definita, può riguardare anche solo una parte delle azioni (integrando, in tal modo, una speciale categoria di azioni, per la quale dovranno applicarsi le relative norme ed, eventualmente, i principi attinenti alla conversione forzosa di azioni già in circolazione in azioni di diversa categoria).
I.C. – SRL – AMMINISTRAZIONE
I.C.32 – (NATURA DELLE DETERMINAZIONI DELL’ORGANO GESTORIO UNIPERSONALE E NON APPLICABILITÀ DELL’ART. 2405 C.C. – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Le decisioni dell’organo gestorio unipersonale non sono il frutto di una deliberazione preceduta da una discussione ma attengono alla sfera personale del soggetto investito del potere decisorio. A quanto sopra consegue che quando la legge richiede che determinate decisioni dell’organo gestorio debbano risultare da atto pubblico (si pensi al disposto dell’art. 265, comma 3, del D.Lgs. n. 14/2019) nel caso in qui questo sia costituito da un unico soggetto non trovano applicazione i formalismi previsti per le decisioni degli organi collegiali né è richiesta la presenza o la preventiva convocazione dell’organo di controllo, ove nominato.
I.C.33 – (DELEGABILITÀ A SINGOLI AMMINISTRATORI O AL COMITATO ESECUTIVO DEGLI OBBLIGHI DI CUI AL COMMA 2 DELL’ART. 2086 C.C. – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritiene che i doveri attribuiti all’organo gestorio dal disposto del comma 2 dell’art. 2086 c.c., cioè quelli “di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” siano delegabili a singoli amministratori o al comitato esecutivo, fermi restando gli obblighi di vigilanza e di intervento diretto posti a carico del consiglio di amministrazione dall’art. 2381 c.c..
I.C.34 – (LEGITTIMITA’ DELL’ATTRIBUZIONE DI POTERI GESTORI A SOGGETTI DIVERSI DAGLI AMMINISTRATORI – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) L’art. 2475 c.c., come riformato dal D.Lgs. n. 14/2019, prevede che “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma e spetta esclusivamente agli amministratori …”. Tale disposizione appare volta a rendere esplicito un principio già presente nel sistema: quello che la responsabilità della gestione dell’impresa in relazione al suo equilibrio finanziario e al mantenimento della continuità aziendale grava necessariamente sugli amministratori, indipendentemente da chi in concreto, nel rispetto delle regole organizzative interne, abbia deciso un determinato atto gestorio. La responsabilità necessaria degli amministratori anche quando non abbiano assunto direttamente una decisione gestoria era già affermata dall’art. 2476, comma 7, c.c. nella parte in cui dispone che gli stessi siano responsabili in solido con i soci che hanno deciso o autorizzato un atto dannoso per la società. La nuova formulazione dell’art. 2475 c.c. non può dunque essere intesa come una abrogazione implicita delle norme che consentono di attribuire nella s.r.l. poteri di gestione a soggetti diversi dagli amministratori (si pensi ai diritti diversi previsti dall’art. 2468, comma 3, c.c.; ai poteri gestori dell’assemblea dei soci previsti dall’art. 2479 c.c.; ai poteri di dirimere controversie sulla gestione assumendo decisioni vincolanti attribuibili a terzi ex art. 37 d.lgs. n. 5/2003; alla nomina di procuratori speciali, institori, direttori generali o preposti a sedi secondarie). Piuttosto tale disposizione rende evidente che all’organo amministrativo spetta sempre il diritto/dovere di non dare esecuzione a determinate decisioni gestorie da esso non assunte, ove ritenute dannose per la società (vedi orientamento I.C.5).
I.G. – SRL – MODIFICHE DELL’ATTO COSTITUTIVO – OPERAZIONI SUL CAPITALE E OPERAZIONI DI RIPIANAMENTO PERDITE
I.G.53 – (ASSENZA DI UN TERMINE MASSIMO LEGALE PER LA SOTTOSCRIZIONE DI UN AUMENTO DI CAPITALE – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) L’art. 2481 bis, comma 2, c.c. dispone che la decisione di aumento di capitale deve prevedere i termini entro i quali debba essere esercitato il diritto di sottoscrizione, stabilendo il termine minimo legale che deve essere concesso ai soci per esercitare il diritto di prima sottoscrizione (trenta giorni dalla comunicazione) ma non quello massimo entro il quale l’aumento debba essere sottoscritto da chiunque ne abbia diritto. Stante quanto sopra si deve ritenere che ove l’interesse sociale lo esiga, circostanza che non può mai verificarsi nell’ipotesi dell’aumento in ricostituzione di cui all’art. 2482 ter c.c., sia legittimo far coincidere il termine finale di sottoscrizione con un periodo particolarmente lungo, anche di anni.
I.H. – SRL – RECESSO ED ESCLUSIONE
I.H.20 – (LEGITTIMITA’ DELLA CLAUSOLA DI ESCLUSIONE DEL SOCIO INATTIVO O IRREPERIBILE – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritiene legittima la clausola statutaria che preveda, quale causa di esclusione del socio ex art. 2473-bis c.c., la mancata partecipazione, per un periodo di tempo significativo, all’attività assembleare. La predetta causa di esclusione può essere introdotta nello statuto, successivamente alla costituzione della società, con le maggioranze richieste per le modificazioni statutarie e può riferirsi esclusivamente a comportamenti del socio successivi alla data di introduzione della clausola stessa.
I.J.- SRL – TITOLI DI DEBITO I.J.3 – (convertibilità dei titoli di debito – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Si ritiene legittimo che la società possa deliberare un aumento di capitale riservato ai titolari di titoli di debito e da liberarsi mediante “conversione” di detti titoli, cioè attraverso la compensazione del debito da finanziamento portato dai titoli, che vengono conseguentemente estinti, con il credito da sottoscrizione delle nuove quote emesse. Detto aumento è concettualmente un aumento in denaro e non in natura. Trattandosi di aumento che non consente di rispettare il diritto di prima sottoscrizione dei soci, lo stesso potrà essere deliberato solo se lo statuto lo consente (art. 2481 bis, comma 1, secondo periodo, c.c.) o se consti il consenso unanime di tutti i soci.
L.D. – DEROGHE AI PROCEDIMENTI DI FUSIONE E SCISSIONE
L.D.10 – (SCISSIONE A FAVORE DI SOCIETA’ INTERAMENTE POSSEDUTA E RAPPORTO DI CAMBIO – 1° pubbl. 9/19- motivato 9/19) Si deve ritenere che anche nella fattispecie della scissione a favore di una beneficiaria preesistente interamente posseduta dalla scissa sia necessario assegnare ai soci della scissa partecipazioni nella beneficiaria in base ad un rapporto di cambio che consenta a tutti i soci delle società coinvolte (dunque anche la scissa quale socio della beneficiaria) di mantenere inalterato il valore complessivo delle loro partecipazioni (vedi orientamento L.D.1). Ciò tanto nell’ipotesi di scissione simmetrica quanto in quella di scissione asimmetrica. Nella prima ipotesi, infatti, le nuove quote della beneficiaria derivanti dall’incremento patrimoniale conseguente alla scissione saranno proporzionalmente assegnate a tutti i soci della scissa. Nella seconda, dette quote saranno assegnate solo ad alcuni soci della scissa compensando gli altri con maggiori percentuali di partecipazione nella scissa. Non è invece possibile realizzare una scissione a favore di una società interamente controllata dalla scissa prevedendo che nessuna quota della beneficiaria venga assegnata ai soci della controllante (e dunque non venga determinato alcun rapporto di cambio) sulla base della considerazione che le quote di qualunque società che ne controlli interamente un’altra non possono subire modifiche di valore per effetto di trasferimenti patrimoniali tra controllante e controllata. Se così si operasse, infatti, si rispetterebbe la regola della congruità del rapporto di cambio per i soci della scissa ma non per quello della beneficiaria, poiché quest’ultimo (la società scissa/controllante) vedrebbe aumentato il valore della sua partecipazione a causa della mancata assegnazione ai suoi soci di quote della beneficiaria; conseguentemente non si rispetterebbe lo schema causale della scissione. Non si rientrerebbe nemmeno nella fattispecie della scissione asimmetrica, poiché anche in detta scissione è necessario mantenere inalterato il valore complessivo delle partecipazioni di tutti i soci delle società coinvolte. Si può quindi affermare che l’assegnazione di parte del patrimonio di una società ad una sua controllata senza assegnazione di quote ai suoi soci non integri una scissione ma un negozio traslativo (conferimento a capitale o a patrimonio).
S.A. – SOCIETA’ BENEFIT
S.A.1 – (Società Benefit – natura – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) Le società Benefit di cui all’art. 1 commi da 376 a 384 della L. 28.12.2015 n. 208 non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche disciplinate dai titoli V e VI del libro V del codice civile. A ciò consegue che le stesse sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto, salve unicamente le integrazioni espressamente previste dalla normativa speciale in relazione alle finalità, ulteriori rispetto allo scopo della divisione degli utili, di beneficio comune a favore di determinati soggetti e ambiti.
S.A.2 – (Società Benefit – obbligo di indicare nell’oggetto sociale le finalità di beneficio comune – 1° pubbl. 9/19 – motivato 9/19) L’obbligo di indicare nell’oggetto sociale le finalità di beneficio comune si applica non solo alle società Benefit di nuova costituzione, ma anche alle società diverse dalle società Benefit qualora intendano perseguire anche finalità di beneficio comune (comma 379) attraverso una modifica dei patti sociali o dello statuto nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto proprie di ciascun tipo sociale.
GLI ORIENTAMENTI 2020:
H.H. – SPA – RECESSO
H.H.15 ‐ (LIMITI ALLE CLAUSOLE DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DI LIQUIDAZIONE IN CASO DI RECESSO PER CAUSE CONVENZIONALI ‐ 1° PUBBL. 9/20) E’ legittimo che le eventuali clausole che ammettono il recesso per cause diverse da quelle legali determinino il valore di liquidazione delle azioni del socio receduto in maniera inferiore rispetto a quello che risulterebbe applicando i criteri legali previsti dall’art. 2437 ter c.c.. In tale ipotesi il minor valore di liquidazione conseguito dal socio assolve sostanzialmente alla funzione del corrispettivo per il diritto di recesso ammesso in via generale dall’art. 1373, comma 3, c.c..
H.I. – SPA – AZIONI E LIMITI ALLA LORO CIRCOLAZIONE
H.I.30 – (CLAUSOLA DI PRELAZIONE IN FAVORE DI NON SOCI – 1° pubbl. 9/20) La clausola di prelazione in favore del terzo estraneo (per tale intendendosi sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti di parentela, coniugio o affinità con gli azionisti; sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti societari e/o contrattuali con la società o gli azionisti; sia soggetti terzi estranei tanto sul piano formale quanto su quello sostanziale rispetto agli azionisti) è legittima e compatibile con l’ordinamento societario vigente e può essere introdotta nello statuto sia in sede di costituzione della società in base alla volontà comune di tutti i soci fondatori sia durante la vita sociale mediante delibera assunta con le maggioranze previste per le modifiche statutarie, fatto salvo, ai sensi dell’art. 2437, comma, 2 lett. b) c.c., il diritto di recesso per i soci che non hanno concorso alla approvazione della relativa delibera, a meno che lo statuto non disponga diversamente.
Con le stesse maggioranze, e senza il consenso del terzo, tale clausola può essere rimossa.
H.I.31 – (OPERATIVITÀ DELLA CLAUSOLA DI PRELAZIONE A FAVORE DI NON SOCI – TECNICHE REDAZIONALI ED AUTONOMIA STATUTARIA – 1° pubbl. 9/20) Ammessa la liceità dell’introduzione nello statuto (vedasi Orientamento H.I.30 ) della clausola di prelazione a favore di non soci, che “ab origine” si introduce per agevolare l’ingresso di un estraneo in società, la sua disciplina può essere declinata variamente ed ampiamente nell’esercizio dell’autonomia contrattuale. Sarà così possibile prevedere che a fronte dell’esercizio, anche solo parziale, del diritto di prelazione da parte del terzo la clausola diventi inefficace per il futuro (avendo carattere tendenzialmente precario o temporaneo ed avendo esaurito la sua funzione con l’in gresso in società del terzo; in tal caso il diritto si consuma con il suo primo esercizio ed indipendentemente dalla misura o dalla quantità delle azioni acquisite), oppure, al contrario, che il diritto di prelazione permanga in capo al soggetto pre-individuato (originariamente estraneo) il quale lo potrà esercitare ogni volta che intervenga un trasferimento di azioni (e quindi anche qualora sia già divenuto socio). Ma sono peraltro da ritenersi legittime anche discipline più articolate in funzione delle diverse esigenze manifestate dai paciscenti, quali, ad esempio: la permanenza del diritto in capo al terzo per più volte fino al raggiungimento di un certo ammontare di azioni o di una certa soglia o percentuale di capitale sociale; la spettanza del diritto al soggetto preindividuato anche più volte ma solo se al momento dell’esercizio della prelazione sia attualmente terzo (pur essendo stato una o più volte socio); oppure ancora, qualora si intenda introdurre vincoli alla circolazione delle azioni della società controllata, l’attribuzione del diritto di prelazione in favore di tutti i soci della società controllante proporzionalmente in base alle rispettive partecipazioni e con diritto di prelazione ulteriore, per la eventuale parte residua, a favore di quelli che abbiano esercitato la prelazione nell’esercizio del diritto statutariamente attribuito. Le singole clausole potranno essere variamente declinate in relazione agli strumenti offerti dal modello societario.
H.J. – SPA – STRUMENTI FINANZIARI
H.J.4 – (DETERMINAZIONE DEL LIMITE DEL 10% DEL PATRIMONIO NETTO PER L’ISTITUZIONE DI UN PATRIMONIO DESTINATO – 1° pubbl. 9/20) Nel valutare il rispetto del limite del 10% del patrimonio netto della società di cui all’art. 2447 bis , comma 2, c.c. si deve tener conto soltanto del valore complessivo dei beni e dei rapporti giuridici facenti capo alla società che la stessa segrega in uno o più patrimoni destinati, mentre non vanno computati nel relativo calcolo gli elementi patrimoniali apportati da soggetti diversi, siano essi soci o terzi, in quanto la destinazione in via esclusiva di tali apporti allo specifico affare non comporta alcun pregiudizio per i creditori generali della società.
H.K. – SPA – OBBLIGAZIONI
H.K.13 – (OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN QUOTE DI S.R.L. CON PROCEDIMENTO “INDIRETTO” – 1° pubbl. 9/20) Si ritiene ammissibile l’emissione di obbligazioni convertibili in quote di partecipazione di una società terza s.r.l. ; le quote della società terza offerte in conversione possono essere già in possesso della società emittente il prestito, oppure possono essere di nuova emissione. In entrambi i casi la competenza a deliberare l’emissione del prestito spetta all’organo amministrativo (salvo diversa disposizione statutaria) ai sensi dell’art. 2410, comma 1, c.c. e nel rispetto dell’art. 2412 c.c.. Qualora la conversione si riferisca a quote già detenute nel portafoglio della società emittente il prestito sarà opportuno vincolare in maniera adeguata tali partecipazioni al servizio della conversione al fine di garantire il diritto degli obbligazionisti di poterla effettuare; il tutto compatibilmente con il rispetto dei vincoli di circolazione delle quote previsti dallo statuto della s.r.l.. Qualora, invece, la conversione si riferisca a quote di futura emissione sarà necessario che – precedentemente o contestualmente alla delibera di emissione del prestito, e comunque prima della collocazione delle obbligazioni – l’assemblea della società terza deliberi l’aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente alle quote da attribuire in conversione nel rispetto dei limiti indicati nell’art. 2481, comma 2, c.c. e sarà pure necessario rispettare le norme di legge per realizzare l’offerta diretta a terzi degli aumenti di capitale della s.r.l.. Il regolamento del prestito dovrà indicare, nel rispetto della convenzione necessariamente stipulata fra le società coinvolte nell’operazione, il rapporto di cambio, nonché il periodo e le modalità di conversione. La liberazione dell’aumento di capitale della s.r.l. terza in caso di conversione potrà avvenire, a seconda dei casi, mediante rimborso da parte della società emittente il prestito direttamente alla società terza per conto dei convertitori, ovvero mediante compensazione di poste finanziarie tra la società emittente il prestito e la società terza, ovvero, ancora, attraverso qualunque altra modalità idonea ad estinguere sia l’obbligazione di liberazione in denaro dell’aumento di capitale che l’obbligo di rimborso della società emittente il prestito.
H.K.14 – (SUSSISTENZA DI PERDITE NON RIPIANATE – DIRITTO ALLA CONVERSIONE E RAPPORTO DI CAMBIO DELLE OBBLIGAZIONI – 1° pubbl. 9/20) In presenza di perdite di qualunque entità, siano o meno formalmente accertate, gli obbligazionisti conservano inalterato il loro diritto di conversione secondo il rapporto di cambio originario fino a quando non sia ridotto il numero delle azioni emesse in dipendenza della riduzione (o azzeramento) del capitale a copertura delle medesime. Il rapporto di cambio non subisce pertanto modifiche nel caso in cui le perdite vengano ripianate con utilizzo di riserve di patrimonio o mediante riduzione del capitale senza riduzione del numero delle azioni (dunque attraverso la diminuzione del solo loro valore nominale, implicito o esplicito che sia). La disciplina dell’art. 2420 bis , comma 5, c.c. è volta a conservare inalterato il rapporto di cambio in relazione alle percentuali partecipative e non al capitale (anche in senso economico) da esse rappresentato, pertanto le perdite devono incidere nella stessa proporzione e contestualmente sul valore nominale complessivo delle partecipazioni (attuali) degli azionisti e (potenziali) degli obbligazionisti. Fino a quando il valore nominale complessivo delle prime non è ridotto non può essere ridotto nemmeno quello complessivo delle seconde.
H.K.15 – (AZIONI SENZA VALORE NOMINALE E MODIFICA DEL RAPPORTO DI CAMBIO DELLE OBBLIGAZIONI – 1° pubbl. 9/20) Nelle società con azioni prive di valore nominale nelle quali siano eseguiti aumenti gratuiti o riduzioni per perdite del capitale senza emissione di nuove azioni il rapporto di cambio delle eventuali obbligazioni convertibili esistenti non muta, in quanto la disciplina dell’art. 2420 bis , comma 5, c.c. è volta a conservare inalterato il rapporto di cambio in relazione alle percentuali partecipative e non al capitale (anche in senso economico) da esse rappresentato. Per lo stesso motivo il rapporto di cambio delle obbligazioni convertibili viene proporzionalmente modificato nel caso in cui, senza modificare l’entità del capitale sociale, venga aumentato o ridotto il numero delle azioni prive di valore nominale emesse.
I.H. – SRL – RECESSO ED ESCLUSIONE
I.H.13 ‐ (LIMITI ALLE CLAUSOLE STATUTARIE VOLTE A DETERMINARE IL VALORE DELLA PARTECIPAZIONE IN CASO DI RECESSO PER CAUSE LEGALI ‐ 1° pubbl. 9/05 – modif. 9/20) Stante la tipicità delle cause di recesso legali (disinvestimento) non è possibile prevedere statutariamente che al socio recedente per tali cause venga rimborsato un importo diverso dal valore di mercato della partecipazione al momento della dichiarazione di recesso. È tuttavia possibile, in assenza di un metodo legale e univoco di valutazione delle partecipazioni societarie, prevedere criteri statutari volti a determinare in maniera oggettiva il valore di mercato della partecipazione, dovendosi ritenere illegittime solo quelle clausole che determinano il rimborso della partecipazione secondo criteri diversi dal valore di mercato. Sono quindi da ritenersi lecite le clausole volte a determinare il valore dell’avviamento secondo calcoli matematici rapportati alla redditività degli esercizi precedenti. Sono invece da ritenersi illecite le clausole che determinano il rimborso della partecipazione in misura pari al valore nominale della stessa o che tengano in considerazione i soli valori contabili. Sono del pari da ritenersi illecite le clausole che rimettono ad una decisione periodica dei soci, anche unanime, la predeterminazione del valore delle partecipazioni ai fini di un eventuale recesso.
I.H.21 ‐ (LIMITI ALLE CLAUSOLE DI DETERMINAZIONE DEL VALORE DI LIQUIDAZIONE IN CASO DI RECESSO PER CAUSE CONVENZIONALI ‐ 1° pubbl. 9/20) E’ legittimo che le eventuali clausole che ammettono il recesso per cause diverse da quelle legali determinino il valore di liquidazione della quota del socio receduto in maniera inferiore rispetto a quello che risulterebbe applicando i criteri legali previsti dall’art. 2473 c.c. . In tale ipotesi il minor valore di liquidazione conseguito dal socio assolve sostanzialmente alla funzione del corrispettivo per il diritto di recesso ammesso in via generale dall’art. 1373, comma 3, c.c..
I.I. – SRL – PARTECIPAZIONI E LIMITI AL LORO TRASFERIMENTO – DIRITTI PARTICOLARI EX ART. 2468, COMMA 3, C.C.
I.I.36 – (REGIME DI CIRCOLAZIONE ORDINARIO – EFFICACIA DEL TRASFERIMENTO DELLE PARTECIPAZIONI NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ – 1° pubbl. 9/20)
Ai sensi dell’art. 2470, comma 1, c.c. il trasferimento delle partecipazioni per atto tra vivi o mortis causa ha effetto nei confronti della società dal momento del deposito rispettivamente dell’atto di trasferimento o della documentazione prevista dall’art. 7 del r.d. n. 239/1942 nel registro delle imprese. Poiché il registro delle imprese non pubblicizza l’avvenuto deposito ma solo la successiva iscrizione, nelle more di quest’ultima sarà onere del cessionario documentare alla società l’avvenuto deposito dell’atto di trasferimento o della documentazione comprovante il suo acquisto a causa di morte al fine di legittimarsi e di esercitare i diritti sociali. In difetto la società deve ritenere legittimati all’esercizio dei diritti sociali, con particolare riferimento a quelli di intervento nelle assemblee e di voto, coloro che risultano essere i suoi soci per effetto di iscrizioni nel registro delle imprese.
I.I.37 – (REGIME DI CIRCOLAZIONE ALTERNATIVO EX ART. 100 TER T.U.F. – EFFICACIA DEL TRASFERIMENTO DELLE PARTECIPAZIONI NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ – 1° pubbl. 9/20)
Ai sensi dell’art. 100 ter, comma 2 bis , del T.U.F. il trasferimento delle partecipazioni per atto tra vivi (e si ritiene anche mortis causa) originariamente sottoscritte da un intermediario abilitato per conto di terzi investitori, e per il quale vige l’opzione per il sistema di circolazione alternativo, ha effetto nei confronti della società, nel caso in cui l’acquirente intenda esercitare personalmente i diritti sociali, dal momento dell’espletamento di entrambi i seguenti adempimenti:
1) avvenuto deposito nel registro delle imprese della certificazione attestante che l’intermediario ha originariamente sottoscritto le quote per conto di terzi prevista dal primo periodo della lett. b) dell’art. 100 ter , comma 2 bis , T.U.F.;
2) avvenuto rilascio della certificazione comprovante la titolarità delle partecipazioni prevista dal n. 2) lett. b) del suddetto art. 100 ter , comma 2 bis .
Fino a quando l’intermediario non ha effettuato il deposito di cui al precedente n. 1) sarà solo questi che potrà esercitare i diritti sociali in nome proprio. Sarà onere di colui che intende esercitare personalmente i diritti sociali in luogo dell’intermediario di esibire alla società la documentazione comprovante l’avvenuto espletamento degli adempimenti previsti dai precedenti nn. 1) e 2). In difetto la società deve ritenere legittimati all’esercizio dei diritti sociali, con particolare riferimento a quelli di intervento nelle assemblee e di voto, coloro che risultano essere i suoi soci per effetto di iscrizioni nel registro delle imprese.
I.I.38 – (REGIME DI CIRCOLAZIONE ORDINARIO – MOMENTO DI OPPONIBILITÀ DEL PEGNO DI QUOTE ALLA SOCIETÀ – 1° pubbl. 9/20) Poiché le quote di partecipazione di s.r.l. non hanno natura né di beni mobili materiali né di crediti ma costituiscono beni immateriali rappresentanti la complessa posizione partecipativa del socio, alle stesse è applicabile la disciplina di costituzione in pegno prevista dall’art. 2806 c.c. A quanto sopra consegue che il pegno sarà opponibile alla società da quando saranno espletate le formalità previste per il trasferimento delle partecipazioni dall’art. 2470 c.c. (ved asi Orientamento I.I.36). Fino a quando il pegno non sarà iscritto nel registro delle imprese il creditore pignoratizio potrà esercitare i suoi diritti nei confronti della società solo esibendo la documentazione comprovante l’avvenuto deposito in detto registro dell’atto costitutivo del pegno. In difetto la società deve ritenere legittimati all’esercizio dei diritti sociali, con particolare riferimento a quelli di intervento nelle assemblee e di voto, coloro che risultano esserne i titolari per effetto di iscrizioni nel registro delle imprese. Stante il regime di opponibilità legale alla società previsto dall’art. 2470 c.c. (a cui rinvia l’art. 2806 c.c.) e la non assimilabilità delle quote di partecipazioni di s.r.l. ai crediti, si ritiene che perché operi la prelazione non occorra la notifica prevista per il pegno di crediti né l’accettazione da parte della società previsti dall’art. 2800 c.c.
I.I.39 – (REGIME DI CIRCOLAZIONE ALTERNATIVO EX ART. 100 TER T.U.F. – MOMENTO DI OPPONIBILITÀ DEL PEGNO DI QUOTE DI SRL ALLA SOCIETÀ – 1° pubbl. 9/20) Si ritiene che la costituzione in pegno di quote di s.r.l. sia soggetta alla disciplina di costituzione prevista dall’art. 2806 c.c. (vedi orientamento I.I.38). Qualora le stesse siano sottoposte al regime di circolazione alternativo previsto dall’art. 100 ter , comma 2 bis , T.U.F., il pegno sarà validamente costituito con l’esecuzione dell’annotazione nei registri dell’intermediario prevista dalla lettera c) di detto comma e sarà opponibile alla società, nel caso in cui il creditore pignoratizio intenda esercitare personalmente i diritti sociali, dal momento dell’espletamento di entrambi i seguenti adempimenti:
1) avvenuto deposito nel registro delle imprese della certificazione attestante che l’in termediario ha originariamente sottoscritto le quote per conto di terzi prevista dal primo periodo della lett. b) dell’art. 100 ter , comma 2 bis , T.U.F.;
2) avvenuto rilascio della certificazione comprovante la titolarità del pegno sulle partecipazioni in applicazione analogica di quanto previsto dal n. 2) lett. b) del suddetto art. 100 ter , comma 2 bis .
Fino a quando l’intermediario non ha effettuato il de posito di cui al precedente n. 1) sarà solo questi che potrà esercitare i diritti sociali in nome proprio. Sarà onere del creditore pignoratizio che intende esercitare personalmente i diritti sociali in luogo dell’intermediario di esibire alla società la documentazione comprovante l’avvenuto espletamento degli adempimenti previsti dai precedenti nn. 1) e 2). In difetto la società deve ritenere legittimati all’esercizio dei diritti sociali, con particolare riferimento a quelli di intervento nelle assemblee e di voto, coloro che risultano esserne i titolari per effetto di iscrizioni nel registro delle imprese. Stante il regime di opponibilità legale alla società previsto dall’art. 2470 c.c. e dall’art. 100 ter , comma 2 bis , T.U.F. (a cui rinvia l’art. 2806 c.c.) e la non assimilabilità delle quote di partecipazioni di s.r.l. ai crediti, si ritiene che perché operi la prelazione non occorra la notifica prevista per il pegno di crediti né l’accettazione da parte della società previsti dall’art. 2800 c.c.
I.I.40 – (CLAUSOLA DI PRELAZIONE IN FAVORE DI NON SOCI – 1° pubbl. 9/20) La clausola di prelazione in favore del terzo estraneo (per tale intendendosi sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti di parentela, coniugio o affinità con i soci; sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti societari e/o contrattuali con la società o i soci; sia soggetti terzi estranei tanto sul piano formale quanto su quello sostanziale rispetto ai soci) è legittima e compatibile con l’ordinamento societario vigente e può essere introdotta nello statuto sia in sede di costituzione della società in base alla volontà comune di tutti i soci fondatori sia durante la vita sociale mediante delibera assunta con le maggioranze previste per le modifiche statutarie. Ai soci che non hanno concorso alla approvazione della relativa delibera non spetta il diritto di recesso, salvo che l’atto costitutivo non disponga diversamente (art. 2473, comma 1, c.c.). Con le stesse maggioranze, e senza il consenso del terzo, tale clausola può essere rimossa.
I.I.41 – (OPERATIVITÀ DELLA CLAUSOLA DI PRELAZIONE A FAVORE DI NON SOCI – TECNICHE REDAZIONALI ED AUTONOMIA STATUTARIA – 1° pubbl. 9/20) Ammessa la liceità dell’introduzione nello statuto (vedasi Orientamento I.I. 40) della clausola di prelazione a favore di non soci, che “ab origine” si introduce per agevolare l’ingresso di un estraneo in società, la sua disciplina può essere declinata variamente ed ampiamente nell’esercizio dell’autonomia contrattuale. Sarà così possibile prevedere che a fronte dell’esercizio, anche solo parziale, del diritto di prelazione da parte del terzo la clausola diventi inefficace per il futuro (avendo carattere tendenzialmente precario o temporaneo ed avendo esaurito la sua funzione con l’ingresso in società del terzo; in tal caso il diritto si consuma con il suo primo esercizio ed indipendentemente dalla misura o dalla quantità della partecipazione acquisita), oppure, al contrario, che il diritto di prelazione permanga in capo al soggetto pre-individuato (originariamente estraneo) il quale lo potrà esercitare ogni volta che intervenga un trasferimento di partecipazioni (e quindi anche qualora sia già divenuto socio). Ma sono peraltro da ritenersi legittime anche discipline più articolate in funzione delle diverse esigenze manifestate dai paciscenti, quali, ad esempio: la permanenza del diritto in capo al terzo per più volte fino al raggiungimento di una certa soglia o percentuale di capitale sociale; la spettanza del diritto al soggetto pre-individuato anche più volte ma solo se al momento dell’esercizio della prelazione sia attualmente terzo (pur essendo stato una o più volte socio); oppure ancora, qualora si intenda introdurre vincoli alla circolazione delle partecipazioni della società controllata, l’attribuzione del diritto di prelazione in favore di tutti i soci della società controllante proporzionalmente in base alle rispettive partecipazioni e con diritto di prelazione ulteriore, per la eventuale parte residua, a favore di quelli che abbiano esercitato la prelazione nell’esercizio del diritto statutariamente attribuito. Le singole clausole potranno essere variamente declinate in relazione agli strumenti offerti dal modello societario.
I.I.42 – (PARTICOLARI DIRITTI RIGUARDANTI L’AMMINISTRAZIONE DELLE SOCIETÀ PARTECIPATE – 1° pubbl. 9/20) Tra i diritti particolari attribuibili a singoli soci ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c. sono da ritenere ammissibili quelli che riguardano il potere di assumere all’interno della partecipante la decisione di come esercitare nelle partecipate l’eventuale potere di designazione e/o nomina di uno o più amministratori (o sindaci) , così come di uno o più dirigenti di queste società.
K.A. – TRASFORMAZIONE
K.A.32 – (TRASFORMAZIONE DI COOPERATIVA A MUTUALITÀ PREVALENTE IN SOCIETÀ LUCRATIVA O IN CONSORZIO – 1° pubbl. 9/11 – motivato 9/11 – modif. 9/20) Si ritiene legittimo che una cooperativa a mutualità prevalente, nell’ambito della medesima assemblea, deliberi dapprima la soppressione delle previsioni statutarie di cui all’art. 2514 c.c., necessarie al mantenimento della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente, e, con una successiva deliberazione sottoposta alla condizione sospensiva dell’iscrizione della prima nel Registro delle Imprese, proceda alla sua trasformazione in società lucrativa o in consorzio. In tal caso è necessaria e sufficiente, quale unico documento contabile di riferimento dell’unitaria operazione, la relazione giurata dell’esperto designato dal tribunale di cui all’art. 2545 undecies c.c. Per procedere alla trasformazione occorrerà ovviamente che dalla perizia risulti che la società sia dotata di un patrimonio attivo che, al netto delle somme da devolvere ai fondi mutualistici, sia di entità tale da coprire il capitale sociale.
K.A.44 – (TRASFORMAZIONE DI SOCIETÀ DI PERSONE IN SOCIETÀ DI CAPITALI E DIRITTO DI RECESSO EX ART. 2500 TER C.C. – 1° pubbl. 9/20) In caso di trasformazione a maggioranza di società di persone in società di capitali ai sensi dell’art. 2500 ter c.c.:
1. è opportuno che tutti i soci siano preventivamente informati dell’operazione ;
2. il socio non consenziente ha diritto di recesso; pertanto lo stesso:
– potrà intervenire all’atto di trasformazione, esprimere il proprio dissenso o astensione e dichiarare, seduta stante, la sua volontà di recedere dalla società, dichiarazione da riprodurre nell’atto di trasformazione;
– potrà intervenire all’atto di trasformazione e limitarsi ad esprimere il proprio dissenso o astensione, riservandosi di esercitare il diritto di recesso di cui all’art. 2500 ter c.c. in un secondo momento con apposito atto da comunicare alla società (prima o dopo l’iscrizione dell’atto di trasformazione nel Registro delle Imprese);
– potrà non intervenire all’atto di trasformazione ed esercitare il diritto di recesso di cui all’art. 2500 ter c.c. con apposito atto da comunicare alla società (prima o dopo l’iscrizione dell’atto di trasformazione nel Registro delle Imprese);
3. il recesso avrà effetto, nei rapporti tra società e socio recedente, dal momento in cui lo stesso viene ricevuto dalla società;
4. si ritiene che possano essere rimossi ex nunc gli effetti del recesso su richiesta del socio receduto accettata da tutti gli altri soci entro il termine previsto per la liquidazione.
L.A. – FUSIONE E SCISSIONE IN GENERALE
L.A.34 – (FUSIONE PROPRIA DI SOCIETÀ DI PERSONE CON COSTITUZIONE DI SOCIETÀ DI CAPITALI E DETERMINAZIONE DEL CAPITALE – 1° pubbl. 9/20) Nel caso di una fusione propria alla quale partecipino una o più società di persone con risultante una società di capitali si ritiene applicabile il disposto dell’art. 2500 ter , comma 2, c.c., trattandosi di fusione trasformativa. Il patrimonio della o delle società di persone fuse oggetto di stima potrà dunque essere imputato in tutto o in parte a capitale sociale della società risultante sulla base dei valori evidenziati dalla perizia. Non è possibile imputare a capitale l’avviamento delle società di persone se queste non lo hanno acquistato a titolo oneroso. Le attività e le passività delle società di persone oggetto di stima saranno imputate ex novo (ai soli fini civilistici e non fiscali) nel bilancio della società risultante sulla base dei valori attuali evidenziati dalla perizia di stima; non può pertanto formarsi alcun avanzo o disavanzo. In tale fattispecie non trova applicazione l’art. 2504 bis , comma 4, c.c.
O.A . – SOCIETÀ DI PERSONE
O.A.12 – (CLAUSOLA DI PRELAZIONE IN FAVORE DI NON SOCI – 1° pubbl. 9/20) La clausola di prelazione in favore del terzo estraneo (per tale intendendosi sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti di parentela, coniugio o affinità con i soci; sia soggetti terzi formalmente estranei alla compagine sociale ma legati da rapporti societari e/o contrattuali con la società o i soci; sia soggetti terzi estranei tanto sul piano formale quanto su quello sostanziale rispetto ai soci) è legittima e compatibile con l’ordinamento societario vigente e può essere introdotta nell’atto costitutivo sia in sede di costituzione della società in base alla volontà comune di tutti i soci fondatori sia durante la vita sociale mediante modifica del contratto sociale con il consenso di tutti i soci, se non sia stato convenuto diversamente (art. 2252 c.c.). E’ opportuno precisare nella clausola se il diritto di prelazione vincola anche i soci diversi dal cedente o se il trasferimento conseguente al suo esercizio sia subordinato al loro consenso (unanime o a maggioranza). Tale clausola può essere rimossa senza il consenso del terzo.
O.A.13 – (OPERATIVITÀ DELLA CLAUSOLA DI PRELAZIONE A FAVORE DI NON SOCI – TECNICHE REDAZIONALI ED AUTONOMIA CONTRATTUALE – 1° pubbl. 9/20) Ammessa la liceità dell’introduzione nei patti sociali (vedasi Orientamento O.A.12) della clausola di prelazione a favore di non soci, che “ab origine” si introduce per agevolare l’ingresso di un estraneo in società, la sua disciplina può essere declinata variamente ed ampiamente nell’esercizio dell’autonomia contrattuale. Sarà così possibile prevedere che a fronte dell’esercizio, anche solo parziale, del diritto di prelazione da parte del terzo la clausola diventi inefficace per il futuro (avendo carattere tendenzialmente precario o temporaneo ed avendo esaurito la sua funzione con l’ingresso in società del terzo; in tal caso il diritto si consuma con il suo primo esercizio ed indipendentemente dalla misura o dalla quantità delle partecipazioni acquisite), oppure, al contrario, che il diritto di prelazione permanga in capo al soggetto pre-individuato (originariamente estraneo) il quale lo potrà esercitare ogni volta che intervenga un trasferimento di partecipazioni (e quindi anche qualora sia già divenuto socio). Ma sono peraltro da ritenersi legittime anche discipline più articolate in funzione delle diverse esigenze manifestate dai paciscenti, quali, ad esempio: la permanenza del diritto in capo al terzo per più volte fino al raggiungimento di una certa soglia o percentuale di capitale sociale; la spettanza del diritto al soggetto pre-individuato anche più volte ma solo se al momento dell’esercizio della prelazione s ia attualmente terzo (pur essendo stato una o più volte socio); oppure ancora, qualora si intenda introdurre vincoli alla circolazione delle partecipazioni della società controllata, l’attribuzione del diritto di prelazione in favore di tutti i soci della società controllante proporzionalmente in base alle rispettive partecipazioni e con diritto di prelazione ulteriore, per la eventuale parte residua, a favore di quelli che abbiano esercitato la prelazione nell’esercizio del diritto attribuito dai patti sociali. Le singole clausole potranno essere variamente declinate in relazione agli strumenti offerti dal modello societario.
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