“la scissione rappresenta una vicenda evolutiva delle società coinvolte che non comporta trasferimenti di ricchezza tra soci“
La causa della scissione è essenzialmente riorganizzativa delle strutture societarie preesistenti, garantendo ai soci della scissa la piena conservazione del valore effettivo della loro partecipazione.
“Invero le scissioni, totali o parziali, proprie o improprie, proporzionali o non proporzionali, sono sempre configurabili come negozi che hanno quale oggetto i soggetti società coinvolti, i cui assetti vengono ridefiniti, e non anche i loro patrimoni; risolvendosi in vicende meramente evolutive e modificative degli stessi soggetti, che conservano la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo” (confr. Cass. Sez. Un. 8 febbraio 2006, n. 2637).
Si è, infatti, abbandonata la ricostruzione dell’istituto in termine di successione universale (nel caso di scissione totale ovvero quando ne risulta l’estinzione senza liquidazione della scissa) o particolare (quando la scissa non si estingue ma “rimane in vita” con un patrimonio “diverso” e non necessariamente diminuito per l’ammissibilità della scissione negativa).
La tipicità della scissione poggia sull’assegnazione ai soci della scissa di partecipazioni nelle società beneficiarie a fronte del trasferimento ad esse di elementi patrimoniali della scissa medesima.
Nella scissione tipica le azioni o quote delle società risultanti da tale operazione (scissa e beneficiarie) sono attribuite ai soci in misura proporzionale alla loro partecipazione originaria.
Presupposto della scissione è, appunto, la neutralità patrimoniale dell’operazione rispetto ai soci.
La garanzia della neutralità economica dell’operazione per il socio è garantita dal RAPPORTO DI CAMBIO (elemento del progetto di scissione e calcolato sui valori effettivi degli elementi patrimoniali considerati nell’operazione): in base a tale valore i soci riceveranno le partecipazioni delle beneficiarie.
NB: è questo l’elemento differenziale rispetto:
- ad una riorganizzazione aziendale conseguente ad una cessione di azienda della società. In caso di trasferimento di azienda (che è vero trasferimento anche agli effetti della eventuale disciplina urbanistica e catastale, fra le altre, dei beni immobili comprese nel complesso aziendale ceduto) il corrispettivo dell’alienazione è in favore della società e non direttamente in favore dei soci.
- allo Scorporo che è invece quell’operazione con cui una società attribuisce tutto o in parte del suo patrimonio ad una società ricevendo (la società conferente) in cambio azioni/quote della beneficiaria. In questo caso la società conferente diverrà socia direttamente della beneficiaria.
Elementi del procedimento di scissione – richieste nell’esclusivo interesse dei soci e, dunque, rinunciabili dagli stessi con consenso unanime – sono: situazioni patrimoniali, relazioni degli amministratori, relazioni egli esperti.
Vi sono poi casi nei quali l’assegnazione delle partecipazioni non è necessaria (e, conseguentemente non vi è da calcolare alcun rapporto di cambio) come, ad esempio :
- la scissione parziale a favore di controllante totalitaria;
- la scissione proporzionale in cui scissa e beneficiaria preesistente siano partecipate dagli stessi soci nelle medesime proporzioni;
- ovvero quando scissa e beneficiaria/e siano partecipate dal medesimo unico socio.
In questi casi l’assegnazione di partecipazioni è inutile in quanto la scissione produce i suoi effetti sulla posizione patrimoniale dei soci attraverso la diminuzione del valore patrimoniale della partecipazione nella scissa (causata dallo scorporo di elementi patrimoniali di quest’ultima) e il corrispondente incremento del valore patrimoniale della partecipazione nella beneficiaria: la neutralità dal punto di vista economico per il socio è in re ipsa.
FASI della scissione:
- PROGETTO DI SCISSIONE: redatto dagli organi amministrativi delle società coinvolte. E’ depositato ed iscritto nei Registri delle Imprese competenti (ove hanno sede le società partecipanti).
- APPROVAZIONE DEL PROGETTO DI SCISSIONE: nell’ipotesi tipica è approvato dalle assemblee dei soci di ciascuna delle società partecipanti.
- ATTO DI SCISSIONE: è stipulato dagli amministratori delle società partecipanti, una volta verificata l’ottemperanza alle disposizioni di legge e la conformità al progetto di scissione.
EFFETTI:
Gli effetti giuridici che si conseguono con la scissione sono:
− l’assegnazione a una o più società beneficiarie di una o più parti del patrimonio della scissa e
− l’assegnazione ai soci della scissa delle partecipazioni rappresentative del capitale sociale di ciascuna società beneficiaria.
Si verifica dunque il frazionamento dell’originaria organizzazione sociale in enti diversi in conseguenza di un negozio giuridico che incide sul contratto di società e produce effetti sia sulla posizione dei soci sia sul patrimonio della società.
- La scissione è detta totale quando comporta l’estinzione senza liquidazione della società scissa che assegna il suo intero patrimonio alle società beneficiarie.
- La scissione sarà invece parziale, quando oggetto di assegnazione è solo una parte del patrimonio della scissa la quale continua la propria attività con una mutata struttura organizzativa.
Per la decorrenza degli effetti della scissione si veda il relativo articolo.
scissione non proporzionale
La scissione non proporzionale è disciplinata dal secondo periodo del comma 4 dell’art. 2506 bis c.c., e si concretizza ogni qualvolta il progetto di scissione preveda una assegnazione ai soci in misura non proporzionale, senza che tale disparità di trattamento sia interamente compensata con conguagli in denaro.
“Qualora il progetto preveda una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto l’obbligo di acquisto“
Perché ricorra tale fattispecie è tuttavia indispensabile che nessun socio sia escluso dalla assegnazione, anche se minima, di partecipazioni in tutte le società risultanti dalla scissione, compresa la scissa.
In sede di approvazione del progetto di scissione “non proporzionale” i soci dissenzienti hanno il diritto di far acquistare le proprie quote o azioni ai soggetti indicati obbligatoriamente dal progetto medesimo per un corrispettivo determinato in base ai criteri dettati per il recesso.
Dunque, il mancato consenso degli interessati fa solo scattare il diritto di vendita, ma non blocca l’operazione.
La disposizione appare pertanto eccezionale e dunque insuscettibile di applicazione analogica, una previsione in questa direzione del progetto di scissione potrebbe allora essere ammissibile solo nel senso di concedere tale facoltà al socio previo suo consenso all’operazione
scissione asimmetrica
PRINCIPIO: è possibile mutare anche le partecipazioni nella scissa a fronte di una assegnazione non proporzionale o di una mancata assegnazione nelle beneficiarie. Il mutamento o variazione in parola è solo nominale o percentuale, non effettivo nel suo complesso: il valore economico della partecipazione di ciascun socio risponde al principio generale sul quale si basano i procedimenti di fusione e scissione ovvero quello di “neutralità” dell’operazione in termini di trasferimento di ricchezza tra i soci
La possibilità di alterare, sia in aumento che in diminuzione, le partecipazioni nella società che si scinde può perfino provocare la disgregazione della compagine sociale: si distribuiscono in diverse società i soci della società scissa, pur conservando l’organismo imprenditoriale esistente (ovvero la medesima società che si scinde).
L’art. 2506 prevede, infatti, al comma 2°, la possibilità che «ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa».
Tale facoltà è accompagnata, in deroga al principio maggioritario, dalla necessità del consenso unanime.
La scissione asimmetrica propriamente detta allora, secondo il dettato del secondo comma dell’art. 2506 c.c., è una scissione parziale (non sarebbe ovviamente possibile in caso di scissione totale procedere all’assegnazione di azioni o quote della società scissa) che non prevede assegnazione ad alcuni soci della scissa di partecipazioni in alcuna delle beneficiarie, ma assegnazione ai medesimi di azioni o quote della scissa.
Invero, il dato essenziale, che è diretta conseguenza del principio di neutralità economica, è l’incremento percentuale della partecipazione nella scissa dei soci non assegnatari di partecipazioni nelle società beneficiarie (preesistenti o di nuova costituzione).
L’assegnazione di azioni o quote, si è correttamente rilevato, non può considerarsi un elemento costitutivo della fattispecie, esso è solo una modalità attraverso cui raggiungere il risultato del riequilibrio delle posizioni tra i soci, risultato raggiungibile anche con una riduzione del capitale della scissa che incida non proporzionalmente su tutte le partecipazioni, ma solo su quelle (che saranno annullate) dei soci che hanno ricevuto le partecipazioni nelle beneficiarie.
La salvaguardia del valore patrimoniale delle partecipazioni dei soci nella scissione non proporzionale, e, dunque, della sua neutralità, anche in questa forma estrema di non proporzionalità, è, rimessa interamente alla determinazione del rapporto di cambio, anzi dei rapporti di cambio che intervengono tra le partecipazioni nella scissa e quelle nelle società beneficiarie e tra quelle nella scissa ante scissione e quelle nella scissa post scissione.
Occorre solo precisare che, ove la scissione si realizzi senza assegnazione di azioni o quote della scissa, ma con riduzione del capitale, non si avrà un vero e proprio rapporto di cambio matematico tra azioni o quote della scissa ante e post-scissione, ma una comparazione tra il valore effettivo della partecipazione prima e dopo la scissione.
La dottrina ha faticato a trovare una giustificazione al diverso trattamento riservato dal legislatore alla scissione asimmetrica (approvazione del progetto di scissione all’unanimità) rispetto alle altre ipotesi di scissione non proporzionale, in cui la tutela uti singulus del socio è rimessa al diritto di exit regolato dall’art. 2506-bis, comma 4, e non al suo consenso all’operazione.
Pertanto, ulteriore principio caratterizzante l’operazione nel suo complesso è stato individuato nel diritto di ciascun socio di continuare a partecipare, anche se in proporzioni diverse e sotto strutture societarie variate, a tutte le attività aziendali della scissa.
Pertanto, nella scissione asimmetrica, il “consenso unanime” richiesto dall’art. 2506, comma 2 , c.c., è quello dei soli soci cui non siano assegnate partecipazioni in una o più società partecipanti alla scissione, siano esse la scissa o le beneficiarie.
scissione negativa
Nella c.d. “scissione negativa” oggetto di assegnazione sono elementi patrimoniali di valore negativo.
L’utilità economica in capo alla società beneficiaria deriva dalla possibilità che gli elementi trasferiti abbiano sì un un valore contabile negativo ma un valore economico positivo (es. un ramo d’azienda con un valore di avviamento positivo).
La possibilità di riallocare, a mezzo scissione, le risorse patrimoniali, anche se di valore contabile negativo, al fine di un migliore sfruttamento e valorizzazione delle stesse, è generalmente ammessa purché si verifichi una delle seguenti condizioni:
- si proceda a rivalutare a valori correnti il netto patrimoniale da assegnare sulla base di una perizia di stima (redatta da un esperto secondo i criteri e le modalità con i quali si elaborano le perizie occorrenti per effettuare i conferimenti in natura in sede di costituzione della società o di aumento del capitale sociale);
- la beneficiaria sia una società preesistente, il cui patrimonio netto presenta un saldo positivo idoneo ad assorbire il netto negativo assegnatole per effetto di scissione senza, tuttavia, dare luogo ad una situazione di diminuzione del capitale sociale al di sotto del limite legale.
Molto più problematica sia dal punto di vista causale che da quello pratico (determinazione del rapporto di cambio e assegnazione di partecipazioni della beneficiaria) è l’ipotesi di scissione con trasferimento di un patrimonio di valore comunque negativo (sia contabilmente che nel valore corrente).
In tale ipotesi le partecipazioni da assegnare dovrebbero essere quelle della scissa o si dovrebbe ricadere in una delle ipotesi di scissione in cui non è necessario procedere ad un concambio (es. società interamente posseduta o entrambe partecipate dagli stessi soci nelle medesime proporzioni).
Le Massime del Consiglio Notarile di Roma, Velletri e Civitavecchia ne ammettono la liceità e meritevolezza, della scissione realmente negativa partendo dal presupposto che l’elemento caratterizzante l’operazione di scissione non è operare un trasferimento di ricchezza ma quello di operare un processo riorganizzativo delle società coinvolte.
Tale meritevolezza pare però negata anche da una sentenza del 2013 della Corte di Cassazione, per la quale l’operazione sarebbe priva di utilità economica per le società beneficiarie, finendo per costituire un mero accollo dei debiti della scissa.
La Massima n. 6 del predetto Consiglio Notarile ritiene altresì possibile che beneficiaria dell’assegnazione a valore contabile negativo sia una società di nuova costituzione purché in tal caso sia redatta una perizia di stima dei cespiti patrimoniali assegnati a garanzia dell’effettività del capitale.
Così sarebbe possibile l’assegnazione di valori negativi ad una beneficiaria che sia in liquidazione e che mantenga detto stato.
Conforme all’orientamento giurisprudenziale la massima del Triveneto L.E.1 – (SCISSIONE O FUSIONE NEGATIVA – 1° pubbl. 9/08)
È ammissibile la scissione, anche non proporzionale, mediante assegnazione ad una o più beneficiarie di un insieme di elementi patrimoniali attivi il cui valore contabile sia inferiore a quello dell’insieme degli elementi passivi (cosiddetta “scissione negativa”), semprechè il valore economico/reale di quanto complessivamente assegnato sia positivo.
In tal caso si ritiene che la beneficiaria della “scissione negativa” debba essere preesistente e l’operazione debba alternativamente attuarsi:
a) mediante riduzione delle riserve della beneficiaria (ovvero, in carenza di riserve capienti, del capitale) in misura tale da assorbire il netto contabile trasferito;
b) mediante rilevazione della minusvalenza.
Il principio esposto deve ritenersi applicabile, per l’identica ratio, anche all’ipotesi della fusione, laddove l’incorporata abbia un patrimonio contabile negativo ma reale positivo.
Al contrario, non si ritiene ammissibile una scissione o fusione “negativa” nell’ipotesi in cui anche il valore reale del patrimonio assegnato (comprensivo dell’eventuale avviamento) sia negativo, poiché in tal caso non potrebbe sussistere alcun rapporto di cambio.
E’ inoltre da rilevare che una scissione o una fusione “realmente negativa”, anche laddove non sia necessario determinare un rapporto di cambio, risulterebbe priva di utilità per la società beneficiaria/incorporante e produrrebbe comunque un’alterazione del valore economico delle partecipazioni preesistenti, in ciò contrastando con la causa stessa di tali operazioni.
scissione in pendenza di prestito obbligazionario convertibile: si rinvia al relativo articolo.
MASSIME ED ORIENTAMENTI
IN TEMA DI SCISSIONE
COMMISSIONE SOCIETA’ DEL CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO:
- Consiglio Notarile di Milano, Massima 22, in Le massime del Consiglio Notarile di Milano, 2 ed. agg. 19 novembre 2004, Milano, 2005 per la quale «in analogia a quanto disposto dallo stesso art. 2506-ter, comma 3, (e dall’art. 2505, comma 1, in tema di fusione di società interamente possedute), la relazione degli esperti deve altresì ritenersi superflua allorchè la scissione non possa in alcun modo comportare una variazione del valore delle partecipazioni possedute dai soci delle società partecipanti all’operazione; il che si verifica almeno nelle seguenti situazioni: (a) scissione parziale a favore di beneficiaria preesistente, la quale possiede l’intero capitale della scissa oppure è interamente posseduta dalla scissa; (b) scissione totale a favore di sue beneficiarie preesistenti, entrambe interamente possedute dalla scissa; (c) scissione totale a favore di due società preesistenti, le quali possiedono l’intero capitale della scissa, allorché le beneficiarie siano interamente possedute da un medesimo soggetto o da più soggetti, secondo le medesime percentuali ed i medesimi diritti; (d) scissione parziale a favore di una beneficiaria preesistente interamente posseduta dalla medesima società che possiede interamente anche la scissa (ovvero allorché sia la scissa che la beneficiaria siano partecipate dagli stessi soggetti, secondo le medesime percentuali ed i medesimi diritti)»
ORIENTAMENTI SOCIETARI TRIVENETO
Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie:
L.A.1 – (DELIBERA DI FUSIONE O SCISSIONE PRIMA DELL’ISCRIZIONE DEL PROGETTO – 1° pubbl. 9/04)
Con il consenso unanime dei soci è possibile deliberare una fusione o una scissione anche prima dell’iscrizione del relativo progetto nel registro delle imprese, purché detto progetto sia stato depositato. In detta ipotesi è però necessario allegare alla delibera il testo integrale del progetto al fine di evitare che il momento di conoscibilità della prima possa essere anteriore a quello di conoscibilità del secondo.
L.A.2 – (LIMITE TEMPORALE DI ADOTTABILITÀ DELLA DELIBERA RISPETTO AL DEPOSITO DEL PROGETTO – 1° pubbl. 9/04)
Il limite massimo fra il deposito per l’iscrizione del progetto di fusione e la delibera assembleare di approvazione del progetto può stabilirsi in sei mesi.
L.A.3 – (DEPOSITO DI DOCUMENTI EX ART. 2502 BIS C.C. – 1° pubbl. 9/04)
La disposizione prevista dall’art. 2502 bis c.c., in base alla quale i documenti indicati nell’art. 2501 septies c.c. devono essere depositati nel registro delle imprese unitamente alla delibera di fusione, essendo volta a garantire la possibilità per i terzi di verificare detti documenti presso il registro delle imprese ove è iscritta la società, deve essere interpretata nel senso che i documenti già depositati in detto registro, anche se in fascicoli di diverse società, non devono essere ridepositati, dovendosi procedere al deposito dei soli documenti mai depositati.
È comunque necessario che dal verbale risulti l’avvenuto deposito dei documenti che non si intende allegare alla richiesta di iscrizione della delibera di fusione.
Così ad esempio non occorre ridepositare i bilanci degli ultimi tre esercizi delle società partecipanti alla fusione se questi sono già stati regolarmente depositati presso un registro imprese, dovendosi procedere al deposito solo qualora si tratti di bilanci non depositati (come per le società di persone).
L.A.4 – (SUSSISTENZA DEI REQUISITI PER LE FUSIONI SEMPLIFICATE – 1° pubbl. 9/04 – motivato 9/11)
Possono legittimamente essere adottate le delibere di fusione utilizzando le procedure semplificate previste dagli artt. 2505 e 2505 bis c.c., anche nel caso in cui al momento di tali delibere non sia ancora posseduto dall’incorporante rispettivamente l’intero o il 90% del capitale dell’incorporata.
Tale possesso deve infatti necessariamente sussistere solo al momento della stipula dell’atto di fusione.
L.A.5 – (FUSIONE INVERSA SEMPLIFICATA – 1° pubbl. 9/04 – motivato 9/11)
La procedura semplificata di fusione di cui all’art. 2505 c.c. può essere attuata anche nel caso della cosiddetta “fusione inversa”, nell’ipotesi cioè in cui l’incorporante sia interamente posseduta dall’incorporata.
L.A.6 – (ESONERO DALLA RELAZIONE DELL’ESPERTO NELLA SCISSIONE – 1° pubbl. 9/04)
In caso di scissione l’eventuale esonero deliberato dai soci e dai possessori di altri strumenti finanziari, ai sensi del comma 4 dell’art. 2506 ter c.c., di far redigere dall’organo amministrativo i documenti di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo art. 2506 ter c.c., può riguardare anche l’obbligo di far redigere la relazione dell’esperto o degli esperti di cui all’art. 2501 sexie c.c.
L.A.7 – (FUSIONE DI SOCIETÀ DI PERSONE IN SOCIETÀ DI CAPITALI E RELAZIONE DI STIMA EX ART. 2343 C.C. – 1° pubbl. 9/04)
In caso di fusione di società di persone con società di capitali, la relazione di stima del patrimonio della società di persone, a norma dell’art. 2343 c.c. (richiamato dal comma 7 dell’art. 2501 sexies c.c.), è necessaria nei seguenti casi:
a) qualora la società risultante dalla fusione sia una società di capitali di nuova costituzione;
b) qualora la società risultante dalla fusione sia una società di capitali preesistente che, per effetto della fusione, aumenti il patrimonio netto.
Qualora ricorrano le condizioni di cui sopra la relazione di stima ex art. 2343 c.c. è necessaria anche nel caso in cui alla fusione non sia applicabile l’art. 2501 sexies c.c. (cosiddette “fusioni semplificate” ex artt. 2505 e 2505 bis, c.c.). La mancata applicazione del comma 7 dell’art. 2501 sexies c.c., infatti, esclude esclusivamente la necessità di avere un unico esperto o esperti incaricati di redigere la relazione sulla congruità del rapporto di cambio e la relazione di stima del patrimonio della società di persone, e non anche la necessità di procedere alla redazione di quest’ultima relazione.
L.A.8 – (RIDUZIONE DEI TERMINI NELLE SCISSIONI IN CUI NON PARTECIPANO SPA, SAPA O COOP. PER AZIONI – 1° pubbl. 9/04 – motivato 9/11)
Nel caso in cui ad una scissione non partecipano s.p.a., s.a.p.a. o cooperative per azioni i termini di cui agli artt. 2501 ter, comma 4, 2501 septies, comma 1, e 2503, comma 1, c.c. (direttamente applicati alla scissione per effetto del richiamo contenuto negli artt. 2506 bis, comma 5, e 2506 ter, comma 5, c.c.) sono ridotti alla metà per effetto del disposto dell’art. 2505 quater c.c.
Detto ultimo articolo, infatti, pur non essendo espressamente richiamato in materia di scissione, deve necessariamente applicarsi alla stessa poiché non integra una disposizione autonoma ma una modalità di applicazione degli articoli richiamati.
L.A.9 – (RECESSO IN CASO DI FUSIONE O SCISSIONE DI S.P.A. – 1° pubbl. 9/05)
In caso di fusione o di scissione di spa è riconosciuto agli azionisti il diritto di recesso quando l’operazione sia tale da importare un cambiamento significativo dell’attività della società, o la sua trasformazione, o altra ipotesi attributiva della facoltà di recedere.
L.A.10 – (AVVISO AGLI OBLIGAZIONISTI CONVERTIBILI IN CASO DI FUSIONE O SCISSIONE DI S.P.A. – 1° pubbl. 9/05)
In caso di fusione o di scissione di spa che ha in essere un prestito obbligazionario convertibile, nell’avviso di cui all’art. 2503 bis c.c. dovrà darsi notizia della decisione della società di sottoporre alla propria assemblea un progetto di fusione o di scissione con altra determinata società, senza precisare le modalità della fusione o della scissione.
L.A.11 – (SORTE DELLE OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN CASO DI FUSIONE O SCISSIONE TRA S.P.A. – 1° pubbl. 9/05 – motivato 9/11)
Salvo che gli obbligazionisti non abbiano autorizzato la modifica degli originari periodi di conversione con deliberazione presa ai sensi dell’art. 2415 c.c., in caso di fusione o di scissione tra spa la facoltà di conversione anticipata riconosciuta agli obbligazionisti convertibili ai sensi dell’art. 2503 bis, comma 2, c.c., si aggiunge e non si sostituisce agli altri periodi di conversione originariamente previsti per il prestito. Consegue la necessità di prevedere – già nel progetto di fusione o di scissione – un aumento di capitale a servizio del prestito obbligazionario convertibile da parte della spa che subentrerà nella titolarità del prestito.
L.A.12 – (EQUIVALENZA DEI DIRITTI DEGLI OBBLIGAZIONISTI CONVERTIBILI IN CASO DI FUSIONE O SCISSIONE DI S.P.A. – 1° pubbl. 9/05 motivato 9/11)
Salvo che gli obbligazionisti convertibili non abbiano autorizzato la modifica dei loro originari diritti con deliberazione presa ai sensi dell’art. 2415 c.c., in caso di fusione o scissione di spa il disposto dell’art. 2503 bis, ultimo comma, c.c., postula l’attribuzione di titoli aventi caratteristiche equivalenti a quelli originariamente spettanti nella società emittente.
Sotto il profilo economico l’equivalenza dipenderà dal rapporto di cambio e pertanto:
a) con particolare riguardo alla fusione per incorporazione, le semplificazioni di cui agli artt. 2505 e 2505 bis c.c., si potranno applicare solo quando l’incorporante detenga (per l’intero o almeno per il 90%) non solo le azioni, ma anche le obbligazioni convertibili della società incorporanda;
b) con particolare riguardo alle scissioni, si potrà omettere (ai sensi dell’art. 2506 ter, comma 3, c.c.) la redazione della relazione sulla congruità del rapporto di cambio del/degli esperto/i nominato/i ai sensi dell’art. 2501 sexies c.c., solo quando la scissione avvenga mediante la costituzione di una nuova società e non siano previsti criteri di attribuzione diversi da quello proporzionale tanto delle azioni, quanto delle obbligazioni convertibili (ciò a tutela dei diritti degli obbligazionisti). Quando, invece, il criterio di attribuzione delle obbligazioni convertibili non sia proporzionale, sarà sempre necessaria la redazione della relazione sulla congruità del rapporto di cambio del/degli esperto/i nominato/i ai sensi dell’art. 2501 sexies c.c., e l’equivalenza economica dei diritti spettanti agli obbligazionisti dovrà essere garantita attraverso corrette determinazioni di nuovi rapporti di cambio per la conversione dei titoli.
L.A.13 – (INTERPRETAZIONE DELL’ART. 2501 SEXIES, COMMA 7, C.C. – 1° pubb. 9/06)
La disposizione di cui al comma 7 dell’art. 2501 sexies c.c. ha una funzione di semplificazione, consentendo di non procedere alla nomina di due esperti distinti nell’ipotesi di fusione di società di persone con società di capitali: uno per la redazione della relazione sulla congruità del rapporto di cambio ed uno per la redazione della relazione di stima del patrimonio della società di persone incorporata.
Tale norma non ha dunque alcun intento di imporre, nel caso di fusione di società di persone con società a responsabilità limitata senza designazione di un unico esperto, le disposizioni dell’art. 2343 c.c. in luogo di quelle dell’art. 2465 c.c., in deroga a quanto previsto dall’art. 2500 ter, comma 2, c.c.
Ne consegue che nel caso in cui una società di persone venga incorporata in una srl sarà sempre possibile che la relazione di stima del patrimonio della società di persone sia affidata ad un esperto designato dalla società incorporata ex art. 2465 c.c., richiamato dall’art. 2500 ter, comma 2, c.c., anche nel caso di fusioni semplificate dove non trova applicazione l’art. 2501 sexies c.c.
L.A.14 – (RIUNIONE IN UN UNICO PROGETTO DI PIÙ OPERAZIONI DI FUSIONE E SCISSIONE TRA LORO COLLEGATE – 1° pubb. 9/06)
Nel caso in cui più società intendano attuare una serie complessa di fusioni e scissioni tra loro inscindibilmente collegate, anche se non tutte le società partecipano ad ogni singola operazione, è possibile che tutti gli amministratori delle società coinvolte redigano un unico progetto complesso al quale seguirà, una volta approvato dalle singole assemblee, un unico atto attuativo.
Così ad esempio un’operazione che preveda che la società “alfa” si scinda parzialmente mediante assegnazione di parte del proprio patrimonio alla società “beta” e quindi si fonda incorporando la società “gamma”, può legittimamente essere contenuta in unico progetto complesso redatto congiuntamente da tutti gli amministratori di dette società.
L.A.15 – (APPLICABILITÀ DELLE NORME DETTATE IN MATERIA DI TRASFERIMENTO DI IMMOBILI ALLE FUSIONI O SCISSIONI DI SOCIETÀ – 1° ediz. 9/06)
La riforma del diritto societario ha definitivamente confermato la non riconducibilità ai negozi traslativi delle operazioni di fusione o scissione societaria.
È stato infatti abrogato l’unico riferimento testuale ai negozi traslativi contenuto nella vecchia formulazione dell’art. 2504 septies c.c., il quale, definendo la scissione, affermava che la stessa “si esegue mediante trasferimento dell’intero suo patrimonio …”. La nuova definizione della scissione, contenuta nell’art. 2506 c.c., afferma ora più correttamente che “con la scissione un società assegna l’intero suo patrimonio …….”.
Invero le fusioni o scissioni, totali o parziali, proprie o improprie, proporzionali o non proporzionali, sono sempre configurabili come negozi che hanno quale oggetto i soggetti società coinvolti, i cui assetti vengono ridefiniti, e non anche i loro patrimoni; risolvendosi in vicende meramente evolutive e modificative degli stessi soggetti, che conservano la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (confr. Cass. Sez. Un. 8 febbraio 2006, n. 2637).
Stante quanto sopra non è mai possibile individuare in dette fattispecie un soggetto alienante ed uno acquirente.
Si può quindi affermare che per gli atti di fusione o scissione aventi ad oggetto società titolari di immobili:
– non è dovuta alcuna garanzia per evizione;
– non sono esercitabili le prelazioni legali: agraria, urbana, storico-artistica;
– non vi è alcun obbligo di trascrizione nei registri immobiliari;
– non trovano applicazione le norme urbanistiche circa la commerciabilità degli immobili: dichiarazioni o allegazioni ex lege 47/85 e successive modifiche e integrazioni.
L.A.16 – (FORMA DELLA DECISIONE DI FUSIONE O SCISSIONE IN SOCIETÀ DI PERSONE – 1° pubbl. 9/06)
Nel caso di fusione o di scissione di una società di persone in altra società di persone (incorporante, o risultante dalla fusione, o beneficiaria della scissione), ovvero nel caso in cui una società di persone incorpori o risulti beneficiaria di scissione anche di società di capitali, la decisione di approvazione del progetto di fusione o di scissione da parte dei soci della società di persone può anche rivestire la forma della scrittura privata autenticata.
L.A.17 – (FORMA DELLA DECISIONE DI FUSIONE O SCISSIONE DI SOCIETÀ DI PERSONE IN SOCIETÀ DI CAPITALI – 1° pubbl. 9/06)
La decisione di approvazione del progetto di fusione o di scissione di una società di persone in una società di capitali (incorporante, o risultante dalla fusione, o beneficiaria della scissione) deve essere redatta in forma pubblica, dovendo ritenersi che il controllo di legittimità di cui all’art. 2436 c.c., obbligatoriamente previsto nel caso di specie dall’art. 2502 bis, comma 2, c.c., presupponga tale forma.
L.A.18 – (COMPETENZA ALLA REDAZIONE E DEPOSITO DEL PROGETTO DI FUSIONE/SCISSIONE E DEI DOCUMENTI INERENTI NELLE SOCIETÀ DI PERSONE – 1° pubbl. 9/06)
Nelle società di persone il progetto di fusione o di scissione (artt. 2501 ter e 2506 bis c.c.), la situazione patrimoniale ed i bilanci (artt. 2501 quater e 2506 bis c.c.), nonchè la relazione illustrativa (artt. 2501 quinquies e 2506 ter c.c.), sono validamente redatti e depositati dagli amministratori anche disgiuntamente o a maggioranza se tali forme di amministrazione sono previste nei patti sociali.
L.A.19 – (NON APPLICABILITÀ DELL’ART. 2502, SECONDO PERIODO, C.C. ALLE SOCIETÀ COSTITUITE PRIMA DELLA SUA ENTRATA IN VIGORE – 1° pubbl. 9/06)
Poiché la disposizione di cui al secondo periodo dell’art. 2502 c.c. ha invertito la previsione legale previgente, contenuta nell’art. 2252 c.c., in ordine alla necessità, salvo patto contrario, del consenso unanime dei soci per la valida adozione della decisione di fusione di una società di persone, tale disposizione non può essere applicata a quei contratti che si siano formati prima della sua entrata in vigore.
Nel caso contrario si violerebbero i principi della irretroattività delle norme di cui all’art. 11 delle preleggi e sulla interpretazione della volontà dei contraenti di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. (cfr. per analogia con la trasformazione Decr. Trib. Milano, sez. VIII civile, 8 luglio 2005; Decr. Trib. Reggio Emilia, 13 gennaio 2006).
L.A.20 – (CONTENUTO MINIMO DELLA CLAUSOLA CHE RENDA INAPPLICABILE LA FUSIONE A MAGGIORANZA DI CUI AL SECONDO PERIODO DELL’ART. 2502 C.C. – 1° pubbl. 9/06)
La decisione di fusione di una società di persone, pur rientrando nell’ampio genus delle decisioni di modifica del contratto sociale, è specificamente disciplinata per le società costituite dopo l’entrata in vigore della riforma del diritto societario dal secondo periodo dell’art. 2502 c.c., che, in deroga al principio dell’unanimità genericamente previsto dall’art. 2252 c.c., ne consente l’adozione a maggioranza, salvo diversa disposizione del contratto sociale.
La diversa disposizione del contratto sociale sufficiente a ripristinare la regola dell’unanimità può anche essere formulata con l’introduzione di clausole generiche del tipo: “Le modificazioni del contratto sociale debbono essere adottate all’unanimità”, ovvero: “Per le modificazioni del contratto sociale si applica l’art. 2252 c.c.”; in tali ipotesi infatti è necessario interpretare le dette clausole, apparentemente inutili perché riproduttive di principi di legge, in conformità al disposto di cui all’art. 1367 c.c., nel senso cioè in cui possano avere un qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
L.A.21 – (AMMISSIBILITÀ DELLA FUSIONE “PROPRIA” A FAVORE DI UNA SOCIETÀ DI PERSONE DI NUOVA COSTITUZIONE CON UNICO SOCIO – 1° pubbl. 9/06 – motivato 9/11)
Si ritiene ammissibile la fusione (“propria” o “in senso stretto”) in una società di persone di nuova costituzione con un unico socio, in quanto la società beneficiaria, nel procedimento di fusione “in senso stretto”, nasce secondo una genesi affatto diversa dall’ordinario atto costitutivo.
Infatti, in base all’art. 2504 bis, comma 1, c.c., nel testo novellato dal D.Lgs. 6/2003, la fusione tra società non comporta l’estinzione di un soggetto e la correlativa creazione di un diverso soggetto, ma si risolve in una vicenda meramente evolutiva e modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (così Cass., sez. un. 8 febbraio 2006, n. 2637).
In tal caso la società di persone unipersonale originata dalla fusione sarà posta in liquidazione solo qualora, nel termine di sei mesi, non si costituisca la pluralità dei soci.
L.A.22 – (AMMISSIBILITÀ DELLA SCISSIONE A FAVORE DI SOCIETÀ DI PERSONE DI NUOVA COSTITUZIONE CON UNICO SOCIO – 1° pubbl. 9/06 – motivato 9/11)
Si ritiene ammissibile la scissione a favore di una o più società di persone, anche se di nuova costituzione, con un unico socio, in quanto la società beneficiaria, nel procedimento di scissione, nasce secondo una genesi affatto diversa dall’ordinario atto costitutivo.
Infatti, la scissione di società non comporta l’estinzione di un soggetto e la correlativa creazione di un diverso soggetto, ma si risolve in una vicenda meramente evolutiva e modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo.
In tal caso la società di persone unipersonale beneficiaria sarà posta in liquidazione solo qualora, nel termine di sei mesi, non si costituisca la pluralità dei soci.
L.A.23 – (DECISIONE DI FUSIONE O SCISSIONE DI SOCIETÀ DI PERSONE A MAGGIORANZA E ADOZIONE DI UN NUOVO STATUTO – 1° pubbl. 9/06)
In mancanza di espressa diversa previsione del contratto sociale, si deve ritenere che il secondo periodo dell’art. 2502 c.c. (richiamato dall’art. 2506 ter c.c. per la scissione), nella parte in cui prevede l’approvazione del progetto di fusione (o scissione) a maggioranza delle società di persone, consenta l’approvazione con la medesima maggioranza del testo dello statuto o dei patti sociali della o delle società risultanti anche in quelle parti che non risultano strettamente necessarie con la fusione (o scissione). Si pensi all’introduzione di particolari maggioranze, o all’adozione di particolari sistemi di governance, o a clausole di prelazione, o di limitazione alla circolazione delle partecipazioni, o alla previsione di ipotesi facoltative di recesso o esclusione, ecc.).
Restano comunque salve le disposizioni dettate da norme speciali in deroga al principio di cui al secondo periodo dell’art. 2502 c.c. (si pensi all’art. 34 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 nella parte in cui prevede che l’introduzione o la soppressione di clausole compromissorie debba essere approvata dai soci che rappresentino almeno i 2/3 del capitale sociale).
L.A.24 – (APPLICABILITÀ DELL’ART. 2500 SEXIES C.C. ALLE FUSIONI E SCISSIONI A FAVORE DI SOCIETÀ DI PERSONE – 1° pubbl. 9/06)
Si ritiene che il dettato dell’art. 2500 sexies, comma 1, c.c., nella parte in cui richiede il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata con la trasformazione, debba essere esteso anche alle operazioni di fusione o di scissione che determinano un mutamento del tipo societario (totale nella fusione e nella scissione estintiva, parziale nella scissione non estintiva) da società di capitali in società di persone.
Infatti l’assunzione della qualifica di socio illimitatamente responsabile nella società di persone risultante o beneficiaria della fusione/scissione determina la necessità di raccogliere il consenso del socio medesimo ai sensi dell’art. 2500 sexies, comma 1, c.c., applicabile anche alle fusioni/scissioni che determinano un mutamento del tipo societario.
L.A.25 – (FUSIONE PER INCORPORAZIONE IN S.R.L. CON PARTECIPAZIONI PRIVE DI VALORE NOMINALE E OBBLIGO DI AUMENTO DI CAPITALE AL SERVIZIO DEL CONCAMBIO – 1° pubbl. 9/07 – motivato 9/11)
Non sussiste l’obbligo di aumentare il capitale sociale al servizio del concambio nel caso in cui una s.r.l. con partecipazioni prive di valore nominale, quindi con valore nominale implicito (vedi orientamento I.I.28), incorpori un’altra società.
Per poter attuare il concambio in tale fattispecie è sufficiente rideterminare le quote di partecipazione dei vecchi soci in rapporto a quelle che saranno attribuite ai nuovi.
La rideterminazione delle percentuali di partecipazione di ciascun socio avviene comunque in maniera implicita anche nell’ipotesi che l’incorporante aumenti il proprio capitale sociale al servizio del concambio.
L.A.26 – (SCISSIONE CON BENEFICIARIA S.R.L. PREESISTENTE AVENTE PARTECIPAZIONI PRIVE DI VALORE NOMINALE E OBBLIGO DI AUMENTO DI CAPITALE AL SERVIZIO DEL CONCAMBIO – 1° pubbl. 9/07 – motivato 9/11)
Non sussiste l’obbligo di aumentare il capitale sociale al servizio del concambio nell’ipotesi in cui una s.r.l. con partecipazioni prive di valore nominale, quindi con valore nominale implicito (vedi orientamento I.I.28), sia la beneficiaria della scissione di un’altra società.
Per poter attuare il concambio in tale fattispecie è sufficiente rideterminare le quote di partecipazione dei vecchi soci in rapporto a quelle che saranno attribuite ai nuovi.
La rideterminazione delle percentuali di partecipazione di ciascun socio avviene comunque in maniera implicita anche nell’ipotesi che la beneficiaria aumenti il proprio capitale sociale al servizio del concambio.
L.A.27 – (MOMENTO DELLA NOMINA DEI COMPONENTI GLI ORGANI SOCIALI DELLE SOCIETÀ DI NUOVA COSTITUZIONE NELLE FUSIONI O SCISSIONI – 1° pubbl. 9/07)
Nel caso di fusione propria, o di scissione con una o più beneficiarie di nuova costituzione, è possibile non designare nel relativo progetto i componenti gli organi sociali della o delle nuove società.
In tal caso la nomina potrà essere operata direttamente con la delibera di approvazione del progetto, ovvero potrà essere delegata con detta delibera al soggetto legittimato a stipulare l’atto di fusione o scissione.
L.A.28 – (DIRITTI DEI PORTATORI DI STRUMENTI FINANZIARI NEI CASI DI FUSIONE O SCISSIONE – 1° pubbl. 9/08)
Ai portatori di strumenti finanziari cui non sia attribuito uno specifico diritto di voto in ordine alle fusioni o scissioni, ovvero un più ampio diritto di voto in ordine alle modifiche dell’atto costitutivo o statuto, è applicabile per analogia il disposto dell’art. 2503bis, comma 1, c.c.
Ai medesimi spetterà pertanto il diritto all’opposizione, salvo che la loro assemblea speciale abbia approvato dette operazioni.
L.A.29 – (CONSENSO DEI SOCI TITOLARI DI PARTICOLARI DIRITTI EX ART. 2468, COMMA 3, C.C. NEI CASI DI FUSIONE O SCISSIONE – 1° pubbl. 9/08)
È necessario il consenso di tutti i soci titolari di diritti particolari ex art. 2468, comma 3, c.c., per approvare un progetto di fusione o scissione che comporti il venir meno di detti diritti, a meno che l’atto costitutivo della società incorporata o scissa non preveda, ai sensi dell’art. 2468, comma 4, c.c., che i medesimi diritti possano essere modificati a maggioranza.
L.A.30 – (IMPOSSIBILITÀ DI ATTUARE UNA FUSIONE PROPRIA, O UNA SCISSIONE CON BENEFICIARIA DI NUOVA COSTITUZIONE, PREVEDENDO L’INGRESSO DI NUOVI SOCI IN SEDE DI COSTITUZIONE DELLA NUOVA SOCIETÀ – 1° pubbl. 9/08)
Quando una fusione o una scissione vengono attuate mediante costituzione di una nuova società, appare illegittimo prevedere che a detta nuova società possano partecipare ulteriori soci, rispetto a quelli delle società coinvolte, che entrino a far parte della compagine sociale al momento della sua costituzione, intervenendo nel relativo atto.
La causa della fusione e della scissione è infatti essenzialmente riorganizzativa delle strutture societarie preesistenti.
L’attività di impulso nell’adottare una di tali operazioni è coerentemente rimessa agli amministratori (ai quali solo spetta la predisposizione del progetto) e non ai soci.
L’atto finale di fusione o scissione sarà poi stipulato tra le società preesistenti e non tra i loro soci, questi ultimi infatti sono solo indirettamente interessati dagli effetti di tali operazioni, che, nei loro confronti, devono comunque essere patrimonialmente neutri.
La presenza, quali contraenti, di nuovi soci al momento della stipula dell’atto di costituzione della nuova società, cioè dell’atto di fusione o scissione, appare dunque inconciliabile con lo schema negoziale della fusione e della scissione.
La circostanza che l’interesse che si intende perseguire con l’ingresso di nuovi soci sia indubbiamente meritevole di tutela (ai sensi dell’art. 1322 c.c.), nonché la sicura affinità delle operazioni di fusione o scissione con altre operazioni straordinarie che possono comportare l’ingresso di nuovi soci, non alterano le conclusioni esposte, in quanto l’ordinamento offre numerosi strumenti per ottenere in maniera tipica il medesimo risultato finale.
Così, ad esempio, i nuovi soci potranno entrare nella compagine sociale con una successiva delibera di aumento di capitale ad essi riservata (eventualmente già prevista con delega all’organo amministrativo nell’atto costitutivo della nuova società); con la costituzione da parte dei medesimi di una loro società che partecipi poi all’operazione di fusione o scissione; con l’esercizio di un diritto di opzione acquistato prima della fusione o scissione.
Sarà anche possibile deliberare l’approvazione dei progetti di fusione o scissione prevedendo in essi l’ingresso dei nuovi soci in una o più delle società preesistenti, e quindi in quella derivata, un istante prima della stipula degli atti attuativi di tali operazioni.
L.A.31 – (ENTITÀ MINIMA DEL CAPITALE SOCIALE DELLA O DELLE SOCIETÀ RISULTANTI DA UNA FUSIONE O DA UNA SCISSIONE – 1° pubbl. 9/08)
Non è necessario determinare il capitale sociale minimo della o delle società risultanti da una fusione o da una scissione nella somma dei capitali delle società preesistenti.
Unico limite al principio esposto è dato dalla impossibilità di procedere, in occasione di una fusione o scissione, ad una riduzione volontaria del capitale sociale delle eventuali società preesistenti incorporante o beneficiarie, senza il rispetto dei presupposti e della procedura di legge per la riduzione reale del capitale sociale.
Nella fusione, come anche nella scissione, l’entità del capitale sociale delle società risultanti da tali operazioni è determinata dal rapporto di cambio, ovvero dalla necessità di annullare le partecipazioni detenute dall’incorporante nell’incorporata.
Può quindi accadere che la somma dei capitali di dette società sia inferiore a quella delle società preesistenti, con ciò legittimando la creazione di riserve disponibili e l’eventuale restituzione di parte dei conferimenti ai soci.
Tale eventualità è nella fisiologia del sistema, il quale tutela in ogni caso gli interessi dei terzi creditori con il diritto all’opposizione. Può quindi legittimamente essere posta in essere anche nelle ipotesi in cui non via sia necessità di annullamento di partecipazioni, ovvero le esigenze del rapporto di cambio siano conciliabili con la determinazione dei capitali sociali delle società risultanti non inferiori alla somma di quelli delle società preesistenti.
L.A.32 – (CONGUAGLI IN DENARO – 1° pubbl. 9/08)
Nella fusione e nella scissione è possibile prevedere conguagli in denaro al solo fine di evitare che all’esito di tali operazioni si formino dei resti.
Nel caso in cui sia possibile determinare un rapporto di cambio che non dia luogo a resti non è dunque consentito prevedere un conguaglio in denaro, anche se l’approvazione del progetto venga deliberata all’unanimità, poiché in tal caso il negozio posto in essere non rientrerebbe esclusivamente nella causa della fusione o della scissione.
In altre parole il disinvestimento parziale che consegue alla percezione di un conguaglio in denaro (il cui onere – nell’ipotesi tipica – grava sulle società e non sui soci), deve avvenire in una forma tipica, ovvero, se in forma atipica, con l’enunciazione di una causa lecita.
L.A.33 – (SCISSIONE CON ATTRIBUZIONE ALLA BENEFICIARIA DI DIRITTI REALI PARZIALI DERIVATI DA UN DIRITTO DI PIENA PROPRIETA’ SUSSISTENTE NEL PATRIMONIO DELLA SCISSA – 1° pubbl. 9/13 – motivato 9/13)
Si ritiene legittimo attuare una scissione nella quale sia prevista l’assegnazione alla beneficiaria di un diritto reale parziale derivato da un diritto di piena proprietà sussistente nel patrimonio della scissa.
E’ così possibile, ad esempio, assegnare ad una beneficiaria l’usufrutto o il diritto di superficie su un determinato bene immobile già spettante in piena proprietà alla scissa.
In tal caso, mancando un’autonoma valorizzazione dei diritti assegnati nelle scritture contabili della scissa, tale valorizzazione sarà compiuta, agli effetti dell’art. 2504-bis, comma 4, c.c. richiamato dall’art. 2506-quater, comma 1, c.c. dagli amministratori, fermo restando che la somma dei valori attribuiti ai diritti assegnati e a quelli residui non potrà eccedere il preesistente valore dell’intero risultante dalle scritture contabili della scissa.
(ESSENZIALITÀ DELLA SUSSISTENZA FORMALE DI UN RAPPORTO DI CAMBIO CONGRUO E DEROGHE AI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE – 1° pubbl. 9/08) Le eventuali deroghe ai procedimenti di fusione e scissione (ad esempio: rinuncia alle situazioni patrimoniali, alle relazioni degli amministratori e/o degli esperti) non possono essere formalmente giustificate dalla volontà di porre in essere un rapporto di cambio non congruo.
Le fusioni e le scissioni si differenziano da tutte le altre operazioni di aggregazione o disgregazione di società (delle loro aziende o patrimoni) per la loro formale neutralità nei confronti dei soci.
Dal punto di vista dogmatico le stesse integrano delle vicende evolutive delle società coinvolte e non anche dei trasferimenti di ricchezza tra soci.
A ciò consegue che il rapporto di cambio determinato dagli amministratori, ai sensi dell’art. 2501 ter, n. 3), c.c., deve essere formalmente congruo.
Gli amministratori sono ovviamente liberi di svolgere le più ampie e personali valutazioni in ordine alla determinazione del rapporto di cambio, anche attribuendo rilevanza ad elementi extrapatrimoniali o di fatto.
Quello che deve considerarsi non conforme allo schema tipico della fusione e della scissione è l’espressa previsione di un rapporto di cambio non congruo.
L.D.2 – (LEGITTIMITÀ DELL’ADOZIONE DI UNA DECISIONE DI FUSIONE O SCISSIONE IN PRESENZA DI UN RAPPORTO DI CAMBIO REPUTATO NON CONGRUO DAGLI ESPERTI – 1° pubbl. 9/08)
Nel caso in cui la relazione degli esperti redatta ai sensi dell’art. 2501 sexies c.c. reputi non congruo il rapporto di cambio proposto dagli amministratori la decisone di fusione o scissione potrà essere approvata solo con il consenso di tutti i soci delle società coinvolte.
Spetta infatti solo ai soci esprimersi sulla effettiva congruità del rapporto di cambio, attribuendo eventualmente rilevanza anche ad elementi extrapatrimoniali o di fatto.
Tale valutazione personale, concretizzando di fatto una rinuncia a quella effettuata dagli esperti, dovrà essere operata con il consenso di tutti i soci ai sensi dell’art. 2505 quater c.c.
L.D.3 – (ART. 2505 QUATER C.C. E DEROGHE ALL’ART. 2501 SEXIES C.C. NELLE FUSIONI DI SOCIETÀ AZIONARIE – 1° pubbl. 9/08)
Il legislatore ha inteso disciplinare in maniera diversa il procedimento di fusione delle società azionarie rispetto a quello degli altri tipi societari.
Per motivi di semplificazione redazionale non ha tuttavia dettato due corpi di norme autonomi, uno riferibile alle società azionarie ed uno agli altri tipi, ma ha previsto nelle singole disposizioni (contenute negli articoli dal 2501 al 2506 quater c.c.) la sola disciplina propria delle società azionarie (di ispirazione comunitaria – III Direttiva), comprimendo poi in un unico articolo (il 2505 quater c.c.) tutte le modifiche a tale disciplina riferibili alle società non azionarie.
Tale scelta del legislatore ha notevole importanza ermeneutica in quanto non potrà mai ritenersi che ciò che è espressamente previsto in positivo dall’art. 2505 quater c.c. per le sole società non azionarie sia implicitamente vietato per quelle azionarie.
Al contrario sarà possibile far ricorso all’analogia tra le due discipline proposte nel caso di carenza di normativa specifica.
A ciò consegue che, in mancanza di un divieto espresso, deve ritenersi possibile estendere per analogia alle società azionarie la facoltà concessa dall’art. 2505 quater c.c. ai soci delle società non azionarie di derogare alle disposizioni dell’art. 2501 sexies c.c.
Non è infatti possibile rintracciare nell’ordinamento un principio di diritto, valido per le sole società azionarie, contrario a quello sottostante alla facoltà di rinuncia alla relazione previsto dall’art. 2505 quater c.c. (quello cioè che la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio è volta a tutelare esclusivamente un interesse dei soci, ed è per ciò da essi rinunziabile).
Ciò è anche confermato dall’art. 2505 bis, comma 1, c.c., il quale prevede per la fusione “semplificata” di società azionarie detenute al 90% la disapplicazione dell’art. 2501 sexies c.c. nel caso in cui sia consentito agli altri soci dell’incorporata il diritto di fare acquistare le loro azioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, quindi ad un prezzo che i soci possono accettare “senza certificazione” ai sensi dell’art. 2437 ter, comma 6, c.c.
E’ infine da rilevare che la disciplina delle fusioni transfrontaliere di società azionarie consente espressamente (D.Lgs. 108/08, art. 9, comma 4) la rinuncia unanime dei soci alla relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio.
L.D.4 – (DEROGABILITÀ A PARTE DEI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE NELLE SOCIETÀ CON CAPITALE NON RAPPRESENTATO DA AZIONI – 1° pubbl. 9/08)
In virtù dell’applicazione diretta ed analogica delle disposizioni di cui agli artt. 2505 quater e 2506 ter c.c., nonché dei principi generali dell’ordinamento in ordine alla disponibilità dei diritti soggettivi (vedi orientamento L.D.3), nelle società con capitale non rappresentato da azioni è possibile con il consenso di tutti i soci, e di tutti gli eventuali altri soggetti aventi diritto di voto nella decisione di fusione o scissione (usufruttuari e titolari di pegno):
a) derogare ai termini di cui agli artt. 2501 ter e 2501 septies c.c.;
b) dispensare gli amministratori dalla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2501 quater c.c. e dalla predisposizione della relazione illustrativa ex art. 2501 quinquies c.c.;
c) rinunciare alla relazione degli esperti ex art. 2501 sexies c.c.
L.D.5 – (DEROGABILITÀ A PARTE DEI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE NELLE SOCIETÀ CON CAPITALE RAPPRESENTATO DA AZIONI – 1° pubbl. 9/08)
In virtù dell’applicazione diretta ed analogica delle disposizioni di cui agli artt. 2505 quater e 2506 ter c.c., nonché dei principi generali dell’ordinamento in ordine alla disponibilità dei diritti soggettivi (vedi orientamento L.D.3), nelle società con capitale rappresentato da azioni è possibile con il consenso di tutti i soci (compresi quelli senza diritto di voto o con voto limitato) e di tutti gli eventuali altri soggetti aventi diritto di voto nella decisione di fusione o scissione (usufruttuari, titolari di pegno, possessori di strumenti finanziari):
a) derogare ai termini di cui agli artt. 2501 ter e 2501 septies c.c.;
b) dispensare gli amministratori dalla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2501 quater c.c. e dalla predisposizione della relazione illustrativa ex art. 2501 quinquies c.c.;
c) rinunciare alla relazione degli esperti ex art. 2501 sexies c.c.
In presenza di obbligazionisti convertibili è necessario anche il loro consenso unanime, oltre a quello dei soggetti di cui sopra, per rinunciare alla relazione degli esperti ex art. 2501 sexies c.c. (vedi orientamento L.A.12).
In detta ultima ipotesi è comunque fatta salva l’integrale applicazione dell’art. 2503 bis c.c.
L.D.6 – (INDIVIDUAZIONE DEI POSSESSORI DI STRUMENTI FINANZIARI CHE DANNO DIRITTO DI VOTO LEGITTIMATI AD ESPRIMERE IL CONSENSO DI CUI ALL’ART. 2506TER, COMMA 4, C.C. – 1° pubbl. 9/08)
Nel procedimento di scissione (e per analogia in quello di fusione), per esonerare validamente l’organo amministrativo dalla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2501 quater c.c. e dalla predisposizione della relazione illustrativa ex art. 2501 quinquies c.c., non è necessario il consenso di tutti i possessori di strumenti finanziari che diano un qualunque diritto di voto, come letteralmente proposto dall’art. 2506 ter, comma 4, c.c.
I possessori di strumenti finanziari legittimati a prestare il loro consenso sono esclusivamente quelli cui è attribuito uno specifico diritto di voto in ordine alle fusioni o scissioni, ovvero, un più ampio diritto di voto in ordine alle modifiche dell’atto costitutivo o statuto.
In tal senso è infatti interpretata la disposizione di cui all’art. 10 della VI Direttiva (82/891/CEE) della quale l’art. 2506 ter, comma 4, c.c. costituisce attuazione.
L.D.7 – (CONSENSO DEI SOCI PRIVI DEL DIRITTO DI VOTO PER MOROSITÀ ALLE DEROGHE AI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE – 1° pubbl. 9/08)
Per rinunciare validamente a quelle parti dei procedimenti di fusione o scissione richieste nell’esclusivo interesse dei soci (ad esempio: situazioni patrimoniali, relazioni degli amministratori, relazioni egli esperti) è necessario acquisire il consenso unanime dei medesimi, compreso quello dei soci privi del diritto di voto per morosità (ex artt. 2344, comma 4, e 2466, comma 4, c.c.).
Tali rinunce vengono infatti operate dai soci individualmente e non quali componenti di organi sociali.
L.D.8 – (DEROGA ALLA PUBBLICAZIONE DI CUI ALL’ART. 2503 BIS, COMMA 2, C.C., E APPROVAZIONE A MAGGIORANZA DELLA DELIBERA DI FUSIONE CHE COMPORTI MODIFICA DEI DIRITTI SPETTANTI AGLI OBBLIGAZIONISTI CONVERTIBILI – 1° pubbl. 9/08)
In caso di fusione a cui partecipi una società per azioni che abbia emesso in precedenza uno o più prestiti obbligazionari convertibili in azioni, è possibile omettere la preventiva pubblicazione dell’avviso di facoltà di anticipata conversione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ai sensi dell’art. 2503 bis c.c., a condizione che tutti i possessori di obbligazioni convertibili rinuncino all’unanimità a tale preventiva pubblicazione ovvero alla facoltà di conversione anticipata delle obbligazioni in azioni.
Dette rinunce possono avvenire sia prima, sia contestualmente all’assemblea straordinaria dei soci di approvazione del progetto di fusione.
Qualora sia stata omessa la preventiva pubblicazione dell’avviso di facoltà di anticipata conversione sulla Gazzetta Ufficiale in seguito ad una delle suddette unanimi rinunce degli obbligazionisti, non servirà nuovamente l’unanimità dei loro consensi per approvare il progetto di fusione, qualora, per effetto della fusione stessa, non vengano ai medesimi assicurati diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione, potendo il progetto stesso essere approvato dai titolari di obbligazioni convertibili sempre e soltanto a semplice maggioranza ai sensi dell’art. 2503 bis c.c.
L.D.9 – (MODIFICHE AL PROGETTO DI FUSIONE APPORTABILI CON DECISIONE UNANIME DEI SOCI – 1° pubbl. 9/08)
La decisione dei soci in ordine alla fusione può apportare al progetto anche modifiche che incidano sui diritti dei soli soci (e non dei terzi), a condizione che tale decisione venga approvata con il consenso di tutti i soci rappresentanti l’intero capitale sociale di ciascuna delle società partecipanti alla fusione ed a condizione che di dette modifiche ne sia stata fatta menzione nell’ordine del giorno contenuto nell’avviso di convocazione, ovvero, in mancanza di tale menzione, a condizione che l’assemblea dei soci sia riunita in forma totalitaria.
Stante quanto sopra si ritiene che i soci possano all’unanimità apportare le seguenti variazioni al progetto:
– modificare le clausole dello statuto della società incorporante o della società risultante dalla fusione;
– modificare il rapporto di cambio, aumentando anche il capitale sociale della società risultante dalla fusione o della società incorporante;
– modificare le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società risultante dalla fusione o della società incorporante;
– modificare la data dalla quale le azioni o le quote assegnande in concambio parteciperanno agli utili;
– modificare la data dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fusione sono imputate a bilancio della società che risulta dalla fusione o della società incorporante;
– modificare il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci;
– modificare la data di efficacia fiscale della fusione.
Per converso i soci non possono in sede di decisione di approvazione del progetto di fusione, nemmeno all’unanimità, apportare modifiche che incidano sui diritti di terzi, quali ad esempio:
– diminuire il capitale sociale della società risultante dalla fusione o della società incorporante (nemmeno se ciò derivi da una modifica del rapporto di cambio);
– modificare il trattamento dei possessori di titoli diversi dalle azioni;
– modificare il trattamento eventualmente riservato agli amministratori delle società partecipanti alla fusione, salvo che tale modifica venga approvata all’unanimità da tutti gli amministratori interessati.
L.E.1 – (SCISSIONE O FUSIONE NEGATIVA – 1° pubbl. 9/08)
È ammissibile la scissione, anche non proporzionale, mediante assegnazione ad una o più beneficiarie di un insieme di elementi patrimoniali attivi il cui valore contabile sia inferiore a quello dell’insieme degli elementi passivi (cosiddetta “scissione negativa”), semprechè il valore economico/reale di quanto complessivamente assegnato sia positivo.
In tal caso si ritiene che la beneficiaria della “scissione negativa” debba essere preesistente e l’operazione debba alternativamente attuarsi:
a) mediante riduzione delle riserve della beneficiaria (ovvero, in carenza di riserve capienti, del capitale) in misura tale da assorbire il netto contabile trasferito;
b) mediante rilevazione della minusvalenza.
Il principio esposto deve ritenersi applicabile, per l’identica ratio, anche all’ipotesi della fusione, laddove l’incorporata abbia un patrimonio contabile negativo ma reale positivo.
Al contrario, non si ritiene ammissibile una scissione o fusione “negativa” nell’ipotesi in cui anche il valore reale del patrimonio assegnato (comprensivo dell’eventuale avviamento) sia negativo, poiché in tal caso non potrebbe sussistere alcun rapporto di cambio.
E’ inoltre da rilevare che una scissione o una fusione “realmente negativa”, anche laddove non sia necessario determinare un rapporto di cambio, risulterebbe priva di utilità per la società beneficiaria/incorporante e produrrebbe comunque un’alterazione del valore economico delle partecipazioni preesistenti, in ciò contrastando con la causa stessa di tali operazioni.
L.E. 2 – (SCISSIONE NON PROPORZIONALE E SCISSIONE ASIMMETRICA – 1° pubbl. 9/08)
Nella scissione tipica le azioni o quote delle società risultanti da tale operazione (scissa e beneficiarie) sono attribuite ai soci in misura proporzionale alla loro partecipazione originaria.
Costituiscono eccezioni a tale principio la scissione non proporzionale e la scissione asimmetrica.
La prima è disciplinata dal secondo periodo del comma 4 dell’art. 2506 bis c.c., e si concretizza ogni qualvolta il progetto di scissione preveda una assegnazione ai soci in misura non proporzionale, senza che tale disparità di trattamento sia interamente compensata con conguagli in denaro.
Perché ricorra tale fattispecie è tuttavia indispensabile che nessun socio sia escluso dalla assegnazione, anche se minima, di partecipazioni in tutte le società risultanti dalla scissione, compresa la scissa.
La scissione asimmetrica è invece disciplinata dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 2506 c.c., il quale prevede che con il consenso unanime dei soci sia possibile non assegnare ad alcuni di essi partecipazioni in una delle società beneficiarie, ma partecipazioni della scissa.
Tale disposizione, stabilendo un principio generale circa la possibilità per i soci di disporre all’unanimità del loro diritto di partecipare a tutte le società risultanti da una scissione, può essere interpretata estensivamente.
Può quindi ritenersi legittimo che, con il consenso unanime dei soci, ad alcuni di essi non siano assegnate partecipazioni di una o più società risultati da una scissione (siano esse la scissa o le beneficiarie), compensando tale mancata assegnazione con maggiori partecipazioni in qualsiasi altra o altre società risultanti.
Ciò che deve ritenersi in ogni caso non consentito, seguendo il solo schema della scissione non proporzionale o della scissione asimmetrica, è la assegnazione di partecipazioni secondo un rapporto di cambio non congruo, provocando quindi un arricchimento o impoverimento di alcuni soci.
Tale eventualità è ovviamente lecita, ma deve essere posta in essere secondo uno schema negoziale tipico che enunci la causa del trasferimento di ricchezza: donazione, vendita, datio in solutum, ecc.
L.E.3 – (LEGITTIMITÀ DI UNA FUSIONE INVERSA IN CUI SI ATTUINO ASSEGNAZIONI PATRIMONIALI ANALOGHE A QUELLE DI UNA SCISSIONE – 1° pubbl. 9/08)
Si ritiene legittimo adottare una fusione inversa anche nel caso in cui la società incorporata sia a sua volta detenuta da una o più società, nonostante in questa ipotesi le assegnazioni patrimoniali che si verificano al termine dell’operazione siano analoghe a quelle di una scissione totale.
Così ad esempio se la società “A” detiene l’intero capitale della società “B”, che a sua volta detiene l’intero capitale della società “C”, le assegnazioni patrimoniali che si verificano al termine di un’operazione di fusione inversa in cui “B” venga incorporata in “C” (con conseguente assegnazione delle partecipazioni in quest’ultima detenute ai soci di “B”, e quindi alla società “A”), sono gli stessi che conseguono ad una scissione totale di “B” attuata mediante trasferimento della parte del suo patrimonio costituito dalla partecipazione in ”C” ad “A” e della residua parte a “C”.
In tali casi si ritiene legittimo ricorrere liberamente all’uno o all’altro schema negoziale, anche se quello della fusione inversa non è espressamente disciplinato da norme positive.
Peraltro gli effetti giuridici di una fusione inversa non sono esattamente coincidenti con quelli di una scissione, quantomeno sul piano delle responsabilità che ne conseguono.
L.E.4 – (LEGITTIMITÀ DI SCISSIONE TOTALE O PARZIALE A FAVORE DELLA O DELLE SOCIETÀ PARTECIPANTI LA SCISSA – 1° pubbl. 9/08)
Si ritiene sempre legittimo adottare una scissione totale o parziale a favore della o delle società che possiedono la scissa, anche se all’esito di tali operazioni non è possibile procedere ad alcuna assegnazione di azioni o quote, e di fatto il procedimento comporta la restituzione dei conferimenti ai soci.
L’impossibilità di assegnare azioni o quote all’esito dell’incorporazione di una società posseduta è infatti espressamente prevista dall’art. 2504 ter c.c., mentre la facoltà di incorporare una società posseduta è ammessa dagli artt. 2505 e 2505 bis c.c. (c.d. fusione impropria).
Tali norme, dettate in materia di fusione, sono espressamente richiamate per la scissione dall’art. 2506 ter, comma 5, c.c., come modificato dall’art. 24 del D.Lgs. 310/04.
Per quanto riguarda la restituzione dei conferimenti ai soci è da osservare che tale divieto opera esclusivamente nel caso in cui la società che restituisca i conferimenti continui ad operare esponendo un capitale fittizio, circostanza questa che non si verifica nel caso di specie.
L’art. 2506, comma 3, c.c. assimila infatti la scissione totale ad uno scioglimento senza liquidazione.
I creditori sociali, in dette ipotesi di “restituzione dei conferimenti”, sono tutelati con il diritto all’opposizione.
E’ infine da rilevare che anche la VI Direttiva Comunitaria (82/891/CEE), all’art. 20, ammette espressamente la scissione nell’ipotesi in cui le società beneficiarie siano titolari di tutte le azioni della società scissa.
L.E.5 – (DECORRENZA DEL TERMINE DI CUI ALL’ART. 2505, COMMA 3, C.C. – 1° pubbl. 9/09)
Si ritiene che il termine di otto giorni concesso ai soci dall’art. 2505, comma 3, c.c. per avocare a sé la decisone di fusione, nell’ipotesi ivi prevista, non decorra dal deposito del progetto nel registro imprese, come letteralmente proposto dalla norma, bensì dalla sua successiva iscrizione.
Appare infatti contrario ai principi dell’ordinamento che un termine decorra da un evento non conoscibile.
Quanto sopra si ritiene valido anche nell’ipotesi in cui le disposizioni dell’art. 2505, comma 3, c.c. trovino applicazione per effetto del richiamo ad esse operato dall’art. 2505 bis, comma 3, c.c.
L.E.6 – (RINUNCIA ALLA FACOLTÀ DI AVOCAZIONE DI CUI ALL’ART. 2505, COMMA 3, C.C. – 1° pubbl. 9/09)
Si ritiene legittimo, in conformità ai principi generali dell’ordinamento in ordine alla disponibilità dei diritti, che i soci delle società coinvolte rinuncino con la maggioranza di più del 95% del capitale sociale al diritto di avocare a sé la decisone di fusione per incorporazione di società interamente posseduta ai sensi dell’art. 2505, comma 4, c.c.
Quanto sopra si ritiene valido anche nell’ipotesi in cui le disposizioni dell’art. 2505, comma 3, c.c. si applichino per effetto del richiamo ad esse operato dall’art. 2505 bis, comma 3, c.c.
L.E.7 – (RINUNCIA AL TERMINE PREVISTO DALL’ART. 2501 TER, COMMA 4, C.C. NEL CASO DI DECISIONE DI FUSIONE RIMESSA ALL’ORGANO AMMINISTRATIVO – 1° pubbl. 9/09)
Il termine di trenta giorni previsto dall’ultimo comma dell’art. 2501 ter c.c. non è posto nell’interesse dei soci in quanto tali, bensì nell’interesse dei soggetti cui è demandata in concreto l’approvazione della decisione di fusione.
A ciò consegue che, nell’ipotesi di incorporazione di società interamente posseduta, o posseduta almeno al 90%, la cui decisione sia rimessa statutariamente agli organi amministrativi delle società coinvolte (artt. 2505 e 2505 bis, c.c.), è possibile rinunciare validamente a tale termine:
a) fino a quando i soci conservino, anche solo potenzialmente, il diritto di adottare la decisione (vedi orientamenti L.E.5 e L.E.6), con il consenso di tutti soci e di tutti gli amministratori;
b) successivamente a tale momento, con il consenso unanime dei soli amministratori.
L.E.8 – (FUSIONE, SCISSIONE E RIDUZIONE VOLONTARIA DI CAPITALE SOCIALE – 1° pubbl. 9/10)
La fusione e la scissione sono negozi tipici la cui definizione è contenuta rispettivamente negli artt. 2501 e 2506 c.c.
All’esito di dette operazioni tipiche è possibile che la somma dei capitali sociali delle società risultanti sia inferiore a quella delle società originarie (vedi orientamento L.A.31), senza che ciò integri una fattispecie autonoma di riduzione reale del capitale ai sensi degli artt. 2445 e 2482 c.c.
Ciò accade:
a) nella fusione propria sempre, qualunque sia l’entità del capitale sociale della società di nuova costituzione;
b) nella fusione per incorporazione solo quando il capitale della società incorporante non sia inferiore alla misura preesistente, ancorché non aumentato del capitale dell’incorporata;
c) nella scissione propria, nel limite in cui il capitale sociale della scissa non si riduca di un importo eccedente il patrimonio contabile trasferito alla beneficiaria, e qualunque sia il capitale sociale della beneficiaria;
d) nella scissione a favore di beneficiaria preesistente, nel limite in cui il capitale sociale della scissa non si riduca di un importo eccedente il patrimonio contabile trasferito alla beneficiaria, ed il capitale sociale della beneficiaria non sia inferiore alla misura preesistente, ancorché non aumentato di un importo pari alla riduzione di capitale operata dalla scissa.
In dette ipotesi non è dunque necessario rispettare i maggiori termini di opposizione e le ulteriori cautele imposte dagli artt. 2445 e 2482 c.c. per la fattispecie della riduzione reale del capitale, in quanto la tutela dei creditori non può che essere quella tipica del procedimento di fusione o scissione posto in essere (60 o 30 giorni, a seconda dei casi, salve le leggi speciali).
In tutti gli altri casi la riduzione reale del capitale sociale delle società preesistenti potrà essere attuata (e quindi stipulato il relativo atto) solo dopo che siano decorsi i termini di 90 giorni di cui agli artt. 2445 e 2482 c.c., e nel rispetto degli altri limiti imposti da detti articoli.
L.E.9 – (LEGITTIMITÀ DELL’EMERSIONE DI UN AVANZO O DI UN DISAVANZO DI FUSIONE O SCISSIONE – 1° pubbl. 9/10)
La previsione contenuta nell’art. 2504 bis, comma 4, c.c., (richiamata per la scissione dall’art. 2506 quater, comma 1, ultimo periodo, c.c.), nella parte in cui disciplina l’appostamento di eventuali disavanzi o avanzi di fusione o scissione, è volta esclusivamente a dettare un principio contabile e non anche a consentire che una di tali operazioni possa essere posta in essere con modalità che contemplino una rivalutazione o svalutazione di poste di bilancio, ovvero la creazione di nuove poste (avviamento), in deroga alle regole sostanziali del diritto societario.
Si ritiene pertanto che gli annullamenti di partecipazioni e le variazioni del capitale (a servizio o meno del concambio) non possano essere realizzati nell’ambito di una fusione o scissione se non nei limiti imposti dallo specifico procedimento nei quali sono inclusi e nell’integrale rispetto di tutte le norme positive che ordinariamente li disciplinano.
L.E.10 – (INDIVIDUAZIONE DEI SOCI CHE DEVONO PRESTARE IL PROPRIO CONSENSO AD UNA SCISSIONE ASIMMETRICA – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).
Nella scissione asimmetrica il “consenso unanime” richiesto dall’art. 2506, comma 2 , c.c., deve intendersi come il consenso dei soli soci cui non siano assegnate partecipazioni in una o più società partecipanti alla scissione, siano esse la scissa o le beneficiarie.
Tale disposizione, infatti, non appare volta a derogare all’eventuale regola maggioritaria vigente nella società scissa per le decisioni dei soci, bensì a tutelare il diritto individuale di ciascun di essi a non essere estromesso dalle iniziative imprenditoriali cui partecipa.
A quanto sopra consegue che:
a) il consenso dei soci alla scissione asimmetrica può essere prestato sia al momento dell’approvazione del relativo progetto sia antecedentemente che successivamente a tale momento, purché prima della stipula dell’atto di scissione;
b) non è necessario che una scissione solo parzialmente asimmetrica sia approvata anche con il consenso di quei soci cui verranno assegnate partecipazioni in tutte le società risultanti dall’operazione.
L.E.11 – (NON NECESSITÀ DI CONSENSO UNANIME NEL CASO DI SCISSIONE ASIMMETRICA CON FACOLTÀ DI OPZIONE PROPORZIONALE – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15)
Nel caso di scissione asimmetrica il cui progetto preveda la facoltà per ciascun socio di optare per la partecipazione in tutte le società interessate all’operazione di scissione in proporzione alla sua quota di partecipazione originaria, non appare necessaria l’esistenza di un consenso unanime all’operazione.
Salvo che il progetto di scissione non disponga diversamente, le minori partecipazioni assegnate a determinati soci per effetto dell’eventuale esercizio dell’opzione proporzionale da parte di altri soci, sono compensate con l’assegnazione proporzionale ai primi della porzione di partecipazioni rifiutata dai secondi, mantenendo in tal modo inalterato il rapporto di cambio.
Comitato Notarile della Regione Campania
Massima n. 28, Scissione parziale – partecipazione alle società di nuova costituzione:
“È possibile la scissione parziale di una società pluripersonale a favore di più società di nuova costituzione, a ciascuna delle quali non partecipino tutti i soci della scissa, non solo nell’ipotesi normativamente prevista dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 2506 ma anche laddove la società scissa rimanga composta dai medesimi soci nelle originarie quote di partecipazione, e le società di nuova costituzione siano composte ciascuna da uno dei soci della società scissa.”
L’art.2506 c.c. dispone che la scissione cd. “asimmetrica” possa essere attuata, con consenso unanime, laddove ad alcuni soci della società scissa non vengano attribuite azioni o quote delle società beneficiarie della scissione bensì azioni o quote della società scissa.
La ratio di tale norma consiste nel garantire ai soci partecipanti all’operazione di scissione la possibilità di conservare sostanzialmente la proporzione di partecipazione patrimoniale e amministrativa nell’ambito dell’impresa, anche se non in tutte le società coinvolte nella scissione, realizzando di fatto una compensazione tra la mancata acquisizione di quote in una o più società beneficiarie con l’aumento della proporzione di partecipazione al capitale della scissa.
Il legislatore impone, quale condizione imprescindibile di tale operazione, il consenso unanime dei soci coinvolti nella scissione.
Si vuole, invero, evitare che il singolo socio possa vedere soppresso il proprio diritto di assumere una partecipazione, anche non proporzionale, in ciascuna società risultante dalla scissione senza aver avuto la possibilità di prestare uno specifico consenso in proposito.
È proprio questo l’elemento che differenzia la scissione “asimmetrica” dalla scissione “non proporzionale”, disciplinata dall’art. 2506 bis comma 4, per la quale non è richiesto il consenso unanime, bensì solo la necessità che nel progetto di scissione sia previsto e regolamentato, per i soci non assenzienti, il diritto di exit.
Si può infatti distinguere la scissione non proporzionale da quella asimmetrica, in quanto nella prima vi è un rischio di “compressione” della posizione patrimoniale e amministrativa del socio, rischio bilanciato dalla possibilità di uscita dalla società in caso di dissenso; nella seconda, invece, il rischio è di vera e propria “soppressione” della posizione del socio, soppressione che può verificarsi solo con il consenso specifico del socio in questione.
Per quanto riguarda la scissione “asimmetrica” di cui all’art.2506 c.c., una lettura restrittiva della norma in esame dovrebbe portare ad escludere che questa possa attuarsi mediante l’attribuzione ai singoli soci della scissa dell’intero capitale di ciascuna beneficiaria, senza che, contestualmente, gli altri ricevano una correlativa attribuzione di quote nella scissa.
Nella fattispecie in esame, tuttavia, la descritta ratio della norma non è contraddetta laddove si verifichino entrambe le seguenti condizioni:
- i valori patrimoniali assegnati alle singole società beneficiarie siano sostanzialmente equivalenti;
- le quote di partecipazione al capitale della società scissa restino immutate.
Con riferimento alla prima condizione, innanzi tutto va detto che più che di “equivalenza” delle attribuzioni patrimoniali alle società beneficiarie, deve parlarsi di “proporzionalità” tra l’attribuzione patrimoniale e l’entità dell’originaria partecipazione nel socio nella scissa.
Si faccia l’esempio della società Alfa s.r.l., composta da tre soci (Tizio, Caio e Sempronio), il cui capitale sia diviso in quote diseguali (Tizio 50%, Caio 30%, Sempronio 20%), che si scinde parzialmente, ai sensi dell’art. 2506 c.c., a favore di tre società unipersonali: Beta s.r.l. (socio unico Tizio), Gamma s.r.l. (socio unico Caio), Delta s.r.l. (socio unico Sempronio). Per rispettare il principio anzidetto e realizzare il programma in esame, occorre che, se le entità patrimoniali di Alfa s.r.l. oggetto di trasferimento nella scissione ammontano ad euro 1.000.000,00, la Beta s.r.l. riceva risorse patrimoniali pari a euro 500.000,00, la Gamma s.r.l. euro 300.000,00, la Delta s.r.l. euro 200.000,00.
In secondo luogo, sempre con riguardo al requisito della equivalenza – proporzionalità delle attribuzioni patrimoniali, occorre chiarire che deve trattarsi di una equivalenza “soggettiva”, ossia come tale determinata dalle personali valutazioni dei soci, e non necessariamente “oggettiva”, magari rimessa alla stima giurata di un terzo esperto. In questo caso, oggetto di tutela è il reciproco interesse dei soci a non vedere soppressa ingiustamente la propria partecipazione sociale, pertanto, anche lievi sproporzioni patrimoniali, se ritenute giustificabili dai soci secondo la loro personale valutazione, non possono ritenersi ostative dell’operazione di scissione.
Per quanto riguarda la seconda condizione, ossia il mantenimento nella scissa delle originarie proporzioni di partecipazione sociale, questa appare davvero condizione essenziale, che potrà essere realizzata, all’occorrenza, anche mediante una riduzione volontaria del capitale sociale che non pregiudichi i diritti di ciascun socio, ma che dovrà ovviamente confrontarsi con l’eventuale opposizione da parte dei creditori sociali, come per legge. La scissione asimmetrica nell’accezione testuale di cui alla norma in esame, presuppone, per contro, una fisiologica alterazione degli equilibri di partecipazione nella scissa, necessaria per compensare la mancata attribuzione ad uno o più soci di quote in una o più società beneficiarie. Nel caso in esame, invece, l’ottenimento della titolarità esclusiva del pacchetto di quote di una società beneficiaria in capo ai singoli soci della scissa, non solo giustifica la non alterazione della distribuzione patrimoniale nella scissa, ma addirittura la impone, in quanto una eventuale variazione della percentuale di partecipazione al capitale della scissa potrebbe alterare l’equilibrio patrimoniale soggettivo che si intende realizzare.
In altre parole, volendo riprendere l’esempio di cui sopra, se il patrimonio residuo della scissa Alfa s.r.l., dopo l’avvenuto trasferimento alle beneficiarie, ammonta ad euro 1.000.000,00, un’eventuale variazione delle partecipazioni sociali della Alfa s.r.l. in base alla quale Tizio si ritrovi il 55% del capitale, mentre Caio il 25% e Mevio il 20%, potrebbe recare a Caio, socio che vede ridotta la sua partecipazione al capitale (e quindi altresì compressa la sua proporzionale aspettativa patrimoniale da euro 300.000,00 ad euro 250.000,00) un pregiudizio del tutto ingiustificato, per non dire illogico.
Pertanto, ferma restando l’esigenza imprescindibile del requisito dell’unanimità dei consensi, deve ritenersi che, verificandosi entrambe le circostanze sopra riportate, la scissione possa utilmente realizzarsi, senza violare alcun precetto.
In presenza di attribuzioni proporzionali ed in assenza di alterazioni nelle partecipazioni originarie nella scissa, non si verifica infatti alcun arricchimento o impoverimento non giustificato della posizione patrimoniale e amministrativa dei soci partecipanti, ciò che invece avverrebbe laddove, per rispettare il tenore letterale della norma si attribuisse, ad almeno un socio, una diversa parte del capitale della società scissa.
Né può dirsi ostativo a tale ultima soluzione il dato letterale della norma, che può essere interpretata estensivamente e che non può ritenersi inderogabile, in quanto posta a tutela dell’interesse dei soci e non dei terzi.
In conclusione, deve ritenersi legittima l’operazione di scissione parziale di una società pluripersonale che venga attuata mediante la costituzione di più società unipersonali, tante quanti sono i soci della scissa e ciascuna interamente partecipata da uno dei soci della scissa, con la contestuale attribuzione alle beneficiarie di una porzione patrimoniale sostanzialmente proporzionale alla partecipazione detenuta nella scissa e la conservazione, nella scissa, delle originarie proporzioni di partecipazione al capitale.
Nè le cose cambiano laddove le società beneficiarie di nuova costituzione dalle quali risultino “esclusi” taluni soci non siano tutte unipersonali, sempre che siano verificate le due condizioni di cui innanzi.“
Consiglio Nazionale del Notariato
Studio di Impresa n. 69-2009/I, La disciplina della scissione “asimmetrica”:
l’ambito di applicazione e l’interferenza del consenso individuale sul procedimento deliberativo, in CNN Notizie del 13 maggio 2009:
«[…] Si ritiene pertanto che il consenso individuale, non all’approvazione del progetto di scissione, perché tale non è il suo oggetto, ma alla distribuzione di partecipazioni nella scissa in cambio della mancata (totale o parziale) assegnazione di partecipazioni in una o più beneficiarie, possa essere prestato, oltre che in adunanza, anche in via preventiva o successiva, purché entro il termine previsto dalla legge per l’iscrizione della deliberazione di approvazione del progetto di scissione, alla stregua di quanto previsto o sostenuto con riferimento alle altre ipotesi di consenso individuale sopra rievocate.
In mancanza del consenso anche di un solo socio entro il termine sopra richiamato la deliberazione di approvazione del progetto di scissione resterà definitivamente inefficace e non potrà essere iscritta […]».
Di diverso avviso il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Massima n. L.E.10, Individuazione dei soci che devono prestare il proprio consenso ad una scissione asimmetrica, 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15, sopra riportata.
[…] decorrenza degli effetti della scissione è derogabile (nel progetto di scissione) nei termini che […]