MASSE PLURIME
Quando ai medesimi comproprietari pervengono ulteriori diritti per un successivo titolo (donazione, compravendita, successione..), si discute se si verifichi un accrescimento dell’originaria comunione (come succede nella comunione legale dei beni, la quale, però, è appunto un regime e non una situazione statica di godimento) o, piuttosto, una distinta e nuova comunione, le cui vicende sono del tutto distinte dalla precedente.
Le masse plurime sono, appunto, le comunioni di diritti originate da titoli diversi e saranno tante quanto sono i titoli di acquisto.
Il fenomeno assume particolare rilevanza nel momento in cui i comproprietari intendano sciogliere la comunione (o, rectius, le comunioni) fra gli stessi correnti: riconoscendo un grado di autonomia a ciascuna massa, infatti, non potranno ricorrere ad un’unica divisione ma a tante corrispettive divisioni quanti sono i titoli di acquisto, procedendo, poi, a seconda dei beni che vogliono attribuirsi in proprietà esclusiva, ad atti di permuta (con le conseguenze impositive e documentali degli atti traslativi a titolo oneroso).
A prescindere dall’inquadramento civilistico, una norma di carattere tributario consente di ottenere il vantaggio ai fini impositivi riconosciuto alla divisione se l’ultimo titolo di acquisto non è volontario ma è successorio: in tale ipotesi l’atto sarà tassato come divisione anche se si verifichi un effetto permutativo.
ART. 34 COMMA 4 del TESTO UNICO DELL’IMPOSTA DI REGISTRO (D.P.R. 26 APRILE 1986, N. 131): “Agli effetti del presente articolo le comunioni tra i medesimi soggetti, che trovano origine in più titoli, sono considerate come una sola comunione se l’ultimo acquisto di quote deriva da successione a causa di morte.“
Giurisprudenza:
In giurisprudenza il concetto di masse plurime fu espresso per la prima volta dalla Corte di Cass., sent. 30 agosto 1947 n. 1556, affermandosi che, qualora si debba procedere alla divisione di beni provenienti da titoli diversi, tra i condividenti si determinano tante comunioni quanti sono i titoli di provenienza. E tale orientamento fu confermato nella sentenza della Corte di Cass. S.U. n. 2224/1961, che ha sancito il principio secondo cui «l’acquisto dei beni in comunione, attraverso titoli diversi, dà luogo alla “sommatoria” di tante comunioni, ciascuna regolata dal suo titolo (…). Ciascun compartecipe non vanta sulla totalità dei beni, che deriva dalla somma di tutti i beni delle diverse comunioni, un titolo unico, ma tanti diritti, ciascuno per la quota corrispondente ad ogni titolo e relativo ai beni acquistati da quel titolo»).
Principio assodato può dirsi dunque quello per il quale “per sciogliere le distinte masse occorrono distinte divisioni” ovvero per sciogliere ciascuna massa occorre fare i conti dei valori per la formazione delle porzioni.
Cassazione n. 27645/2018: si occupa delle divisioni giudiziali. Per ogni massa ed in ogni massa occorre risolvere autonomamente le questioni inerenti la divisione ed i relativi conguagli.
Questo può dirsi un orientamento costante in giurisprudenza e ribadito anche recentemente: Cass. civ. sez. II del 29 aprile 2019 n. 11376: “Quando i beni in godimento comune provengono da titoli diversi, non si realizza un’unica comunione, ma tante comunioni quante sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo, quindi, alla pluralità di titoli una pluralità di masse, ciascuna delle quali costituisce un’entità patrimoniale a sé stante. Pertanto, in caso di divisione del complesso, si hanno, in sostanza, tante divisioni, ciascuna relativa ad una massa e nella quale ogni condividente fa valere i propri diritti indipendentemente da quelli che gli competono sulle altre masse. Nell’ambito di ciascuna massa, inoltre, debbono trovare soluzione i problemi particolari relativi alla formazione dei lotti e alla comoda divisione dei beni immobili che vi sono inclusi”
Divisione negoziale:
la volontà concorde delle parti può essere quella di ricorrere ad un unica divisione di tutti i beni in comunione. Se così procedendo generano un effetto permutativo saremo nella ipotesi generalmente conosciuta come “Divisione di masse plurime”.
Ma partiamo dalle varie risposte che sono state offerte alla domanda:
Possono i soggetti (gli stessi soggetti per ciascuna massa) procedere ad un’unica divisione?
Dottrina civilista prevalente ritiene che sia possibile, ma in questo caso si esce dalla natura dichiarativa della divisione, si avrebbe, piuttosto, un negozio traslativo: una permuta di quote tra i condividenti fra le diverse masse (FEDELE).
Un’altra parte della Dottrina (BRANCA) sostiene la possibilità di ricorrere ad un’unica divisione con effetti dichiarativi. I condividenti sono sempre gli stessi, quindi, la comunione è unica. Ciò che si determina in conseguenza di ulteriori acquisti derivanti da più titoli è solo l’espansione dell’unica massa. Tesi che, a dire il vero, è rimasta un pò isolata.
Altra parte della dottrina – e Cassazione del 1992 – ritiene sempre possibile far ricorso ad un unico atto di divisione ma questo presupporrebbe una previa messa in comunione diretta a formare un’unica massa. Quanto sopra argomentando ex artt. 2643 n. 3 – 1350 codice civile, le quali sono disposizioni che presuppongono l'”atto di messa in comunione”. Tale atto però, secondo Cassazione, non può ricavarsi da una volontà tacita in quanto l’art. 1350 Cod. Civ. richiede la forma scritta per i beni immobili come la stessa forma è richiesta ai fini di trascrizione dall’art. 2643 c.c..
- La tesi da ultimo esposta è però contestata da altra parte della dottrina che ritiene inammissibile il negozio di messa in comunione perché privo di causa. La messa in comunione non sarebbe un autonomo negozio diretto a mettere in comunione più beni o masse, ma solo l’effetto di un altro negozio che produce incidentalmente il sorgere della comunione. (Tanto che si è parlato di inutilità dell’art. 2643 Cod. Civ. al n. 3.)
A fronte delle ricostruzioni civilistiche abbiamo, come visto, il dato fiscale: l’art. 34 del testo unico dell’imposta di registro agevola la divisione di più masse con un’unica divisione tassandola con l’aliquota agevolata della divisione laddove l’ultimo titolo di acquisto sia successorio (cioè l’ultima massa ha origine da un titolo successorio).
Possibilità operative:
quando non ricorre il presupposto delle masse plurime ai fini fiscali, ovvero quanto l’ultima massa non sia incidentale – con la precisazione di cui appresso -, è consigliabile seguire la tesi “civilistica” (prevalente) della permuta (l’atto, infatti, verrà comunque tassato come permuta);
quando, invece, l’ultimo titolo è successorio (art. 34 tur):
– o si procede ad una vera divisione con preunificazione delle masse (tesi che non si vede seguita nella prassi e non è consigliabile: c’è un quesito all’ufficio studi del CNN n. 404/2016 che evidenzia l’assenza di causa);
– o, come da prassi, si procede a stipulare una “SEMPLICE” UNICA DIVISIONE (formalmente una divisione ma civilisticamente traslativa) senza preventiva messa in comunione.
NB: La cessione (a qualunque titolo) che un comproprietario faccia della propria quota non genera un’ulteriore massa (ad es. per successione ad uno dei condividenti: la massa sarà sempre unica, cambieranno solo i soggetti che vi partecipano), ma ulteriori problematiche.
ESEMPI:
- TIZIO E CAIO sono comproprietari per donazione di due case (A e B) contigue ricevute in comunione per pari quota per donazione da GIOVANNI. Poi muore Vincenzo e lascia a TIZIO E CAIO altri due appartamenti (C e D) contigui.
TIZIO E CAIO vogliono dividersi:
Tizio prende A e C e CAIO B e D: non è divisione di masse plurime ma una doppia divisione in quanto NON SI VERIFICA ALCUN EFFETTO PERMUTATIVO. E’ un unica divisione documentalmente ma sono due divisioni dichiarative. Sarebbe stata divisione di masse plurime se TIZIO avesse preso A e B e Caio C e D.
E’ l’effetto permutativo che qualifica la divisione come divisione di masse plurime.
- Così se due fratelli posseggono in comunione numerosi beni frutto dell’attività comune svolta in tanti anni di lavoro… Alla morte di uno dei due, si pone il problema di sciogliere la comunione e di dividere l’ “eredità tra i vari figli e nipoti”: in questo caso non si formano due masse distinte ma è un’unica massa. Il titolo di acquisto ulteriore al quale l’art. 34 del TUR fa riferimento è un titolo ulteriore a favore degli originari comproprietari mentre le variazioni soggettive per cessione (a qualunque titolo, quindi anche ereditario) della quota di un compartecipe non generano una massa distinta (solo la quota del defunto spetterà in comunione ereditaria ma siamo fuori fenomeno delle c.d. “masse plurime”). Si avrà così una divisione “ordinaria” fra il fratello superstite e gli eredi dell’originario comproprietario.
Il primo giudice aveva detto in udienza che si poteva procedere per massa unica poi trasferito alla famiglia, subentra ai diritti altro giudice che decreta doversi procedere per masse plurime e va in pensione, arriva di recente il terzo che appositamente richiesto di specifico parere, ancora tace. Vedremo.