La cessione di cubatura come strumento di indennizzo del proprietario del fondo da cedersi gratuitamente al Comune.
Si è già detto che con la modifica all’art. 2643 c.c. il legislatore ha emancipato il concetto stesso di sfruttamento della cubatura dall’ambito pubblicistico, conferendo agli accordi inerenti la cessione di volumetria una valenza privatistica.
Tali accordi vanno anzi a costituire lo strumento necessario per la valorizzazione delle ragioni proprietarie in caso di cessione gratuita di un’area al Comune, nel caso questo abbia adottato la tecnica della perequazione nella programmazione del territorio.
Il concetto di Piano di Governo del Territorio (che ha sostituito quello di Piano Regolatore Generale) ha introdotto nuovi strumenti, deputati alla regolamentazione dello sfruttamento edilizio del territorio, che vanno sotto le definizioni di “perequazione urbanistica”, “compensazione urbanistica” e “incentivazione urbanistica”.
Tali istituti urbanistici generano diritti edificatori autonomi ed idonei in quanto tali ad essere oggetto di negozi giuridici, anche senza un collegamento diretto con l’area di provenienza o destinazione.
Cos’è la perequazione urbanistica?
La perequazione è quella tecnica urbanistica volta ad attribuire un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti del territorio comunale prescindendo dall’effettiva localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla imposizione di vincoli di inedificabilità apposti al fine di garantire all’amministrazione la disponibilità di spazi da destinare ad opere collettive (Roberto Garofoli Consigliere di Stato in Studi e pubblicazioni della Fondazione Italiana del Notariato).
L’intento che si cerca di perseguire con la “perequazione urbanistica” è anzitutto quello di spalmare a vantaggio di tutte le aree ricomprese in un medesimo comparto (intendendosi per “comparto” un insieme di aree individuate per caratteristiche analoghe sotto l’aspetto delle condizioni di fatto e di diritto) un medesimo indice di edificabilità, tendenzialmente inferiore al minimo consentito, senza distinzione tra aree soggette a sfruttamento edificatorio ed aree a standards o comunque non edificabili.
I proprietari partecipano, dunque, in misura uguale alla distribuzione dei valori e degli oneri correlati alla trasformazione urbanistica, senza le discriminazioni derivanti dalla zonizzazione, creandosi così una sostanziale indifferenza rispetto alle scelte di pianificazione, per determinate parti del territorio.
Ciascun proprietario di un’area edificabile – seppur titolare del diritto di costruire – non può sfruttare in concreto il proprio diritto all’edificazione, poiché l’area soggetta a perequazione non raggiunge il limite minimo dell’indice di edificabilità previsto.
Lo stesso, al fine di poter esercitare in concreto il proprio diritto all’edificazione, sarà, allora, costretto a procurarsi la differenza volumetrica, acquistandola da altri, fra i quali anche chi abbia già ceduto gratuitamente un’area edificabile al Comune che intende realizzarvi interventi pubblici.
In quest’ultima ipotesi, la cubatura ceduta dal Comune al già proprietario dell’aerea interessata dall’intervento pubblico, rappresenta una soluzione alternativa all’indennizzo espropriativo monetario, che in tal modo consente ai Comuni medesimi di disporre di aree pubbliche per servizi senza affrontare il relativo carico finanziario.
Attraverso lo strumento della perequazione si consente allora che, a patto della cessione gratuita al Comune del lotto destinato all’intervento di pubblica utilità, il Comune attribuisca, all’ex titolare di quel lotto, la possibilità di scambiare sul mercato l’indice volumetrico (virtuale) di cui il lotto disponeva.
La cessione perequativa si caratterizza per il fatto che il terreno che sarà oggetto di trasferimento in favore dell’amministrazione sviluppa volumetria propria (espressa appunto dall’indice di edificabilità territoriale che gli viene attribuito), che, però, può essere realizzata solo sulle aree su cui deve concentrarsi l’edificabilità (aree alle quali è attribuito un indice urbanistico adeguato a ricevere anche la cubatura proveniente dai terreni oggetto di cessione). E’ alternativa all’espropriazione perché non prevede l’apposizione di un vincolo preespropriativo sulle aree destinate ai servizi pubblici ma prevede che tutti i proprietari, sia quelli che possono edificare sulle loro aree sia quelli i cui immobili dovranno realizzare la città pubblica, partecipino alla realizzazione delle infrastrutture pubbliche attraverso l’equa e uniforme distribuzione di diritti edificatori indipendentemente dalla localizzazione delle aree per attrezzature pubbliche e dei relativi obblighi nei confronti del comune.
Nasce dalla necessità di contemperare due distinti interessi:
- quello del proprietario del suolo edificabile a ricevere vantaggio dallo sfruttamento edificatorio del proprio immobile;
- e l’interesse della collettività a godere di un patrimonio pubblico di strutture dedicate alle esigenze collettive.
Nella fattispecie perequativa, a seguito della cessione a titolo gratuito della propria area vincolata al Comune quest’ultimo consente dunque l’abbuono della cubatura da immettere sul mercato (che è volumetria dal cedente non altrimenti sfruttabile in quanto afferente ad area vincolata ad interventi di interesse pubblico).
L’individuazione del fondo che si avvantaggia della maggiore volumetria oggetto di disposizione, da parte del cedente l’area al Comune, può anche mancare al momento della cessione gratuita, rimanendo la cubatura “in volo”, ovvero destinata ad essere utilizzata o ceduta anche in un secondo momento.
Ecco così che si crea una netta separazione tra il concetto di “indice edificatorio” rispetto al bene immobile-terreno dal quale trae origine l’indice stesso, separazione che conferma la rilevanza patrimoniale alla cubatura medesima.
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