Per la Cassazione sono nulle le fideiussioni redatte su modulo uniforme ABI:
i fideiussori che hanno sottoscritto un contratto con clausole identiche allo schema contrattuale tipo predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) non risponderanno del debito garantito con il loro patrimonio.
La prassi delle Banche di concedere credito alla società di capitali poco patrimonializzate richiedendo ai soci di garantire le obbligazioni della società non le pone, quindi, al riparo del rischio di insolvenza del debitore se la fideiussione prestata a garanzia risulta redatta su modulo uniforme ABI.
Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-05-2019, n. 13846 ha ribadito il principio già affermato da Cass. 29810/2017: le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie redatte su modulo uniforme ABI sono totalmente nulle in quanto violano il divieto di intese anticoncorrenziali previsto dall’art. 2, comma 2, lett. a), della L. n 287/1990.
PRINCIPIO DI DIRITTO
Già con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, la Banca d’Italia – che sino al 2006 operava quale autorità garante della concorrenza tra gli istituti di credito, ruolo ora assunto dall’A.G.C.M.– aveva rilevato che l’applicazione uniforme da parte delle banche del modello di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI nel 2003, concretasse un’intesa restrittiva della concorrenza da parte degli stessi istituti che, di fatto, in tal modo hanno finito col proporre ai propri clienti le medesime condizioni di contratto, in evidente violazione all’art. 2 della c.d. Legge antitrust (l. 287/1990).
Il citato articolo 2 della L. 287/1990 vieta le intese tra imprese che abbiano l’oggetto o l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale, anche fissando direttamente o indirettamente prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni contrattuali.
Tuttavia, il provvedimento n. 55 non ha imposto alcuna sanzione nei confronti delle banche che, di conseguenza, hanno continuato ad utilizzare i modelli di fideiussione predisposti dall’ABI.
Nella fattispecie esaminata dalla Corte Suprema, il fideiussore si era opposto ad un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti assumendo che il contratto di fideiussione omnibus da lui sottoscritto fosse nullo in quanto le clausole ivi contenute erano identiche allo schema contrattuale tipo predisposto dall’ABI e perciò contrastanti con il provvedimento della Banca d’Italia, del 2 maggio 2005, che ne vietava l’applicazione per violazione della L. n. 287 del 1990. La Corte d’appello di Brescia aveva respinto la domanda dell’attore non avendo quest’ultimo dimostrato una effettiva diffusione ed un’applicazione uniforme delle condizioni generali del contratto di fideiussione comprensivo delle clausole censurate dalla Banca d’Italia, giacché solo in presenza di un’applicazione uniforme di dette clausole si sarebbe configurata la contestata intesa concorrenziale ovvero la presenza di illecite pratiche concordate. La Suprema Corte ha però evidenziato che la circostanza rilevata dalla Corte d’appello non era decisiva e che quello che assume rilievo, ai fini della predicata inefficacia delle clausole del contratto di fideiussione di cui agli artt. 2, 6 e 8, è, all’evidenza, il fatto che esse costituiscano lo sbocco dell’intesa vietata…”, cioè che attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita..”.
La nullità dei contratti fideiussori redatti secondo il modello ABI è automatica, ovvero senza che vi sia alcun bisogno, da parte del giudice di merito, di provvedere ad una valutazione in ordine all’illegittimità delle clausole fideiussorie. Tale valutazione è infatti già stata operata dalla Banca d’Italia all’esito della detta istruttoria svolta – ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 14 – proprio nei riguardi dell’ABI, su parere conforme dell’AGCM: gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’Associazione bancaria per la stipula delle fideiussioni (da sottoscrivere a garanzia delle operazioni bancarie: fideiussione omnibus) contenevano disposizioni che (“nella misura in cui venivano applicate in modo uniforme” dalle proprie associate) erano in contrasto con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a).
Nello specifico, le clausole abusive sono:
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la numero 2: «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo» c.d. “clausola di reviviscenza“;
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la numero 6: «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato» c.d. “clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c.”;
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e la numero 8: «qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate» c.d. “clausola di sopravvivenza“.
“Ciò che andava accertata, pertanto, non era la diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali, di cui qui si dibatte, col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva: giacchè, come è chiaro, l’illecito concorrenziale poteva configurarsi anche nel caso in cui l’ABI non avesse contravvenuto a quanto disposto dalla Banca d’Italia nel provvedimento del 2 maggio 2005, ma la Banca avesse egualmente sottoposto all’odierno ricorrente un modulo negoziale includente le disposizioni che costituivano comunque oggetto dell’intesa di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2, lett. a)”.
In altre parole, la Corte afferma che, indipendentemente dal comportamento dell’ABI, quello che rileva è se l’Istituto di credito abbia sottoposto al ricorrente una fideiussione contenete quelle clausole che sono ritenute in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90.
Dunque il giudice di merito è tenuto essenzialmente “a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidono con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva”, cioè se coincidono con quelle, individuate dalla Banca d’Italia, che violano la legge L. n. 287 del 1990, ciò indipendentemente dal fatto che l’ABI abbia provveduto o meno a diffondere il testo delle condizioni generali del contratto di fideiussione comprensivo delle clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario.
La Corte di Cassazione ribadisce quindi quanto espresso già un anno e mezzo prima, ovverosia che l’illecito anticoncorrenziale va rinvenuto nella coincidenza delle clausole del contratto fideiussorio col testo dello schema contrattuale espressivo della vietata intesa restrittiva e anticoncorrenziale, a prescindere dalla prova della circostanza che l’ABI abbia diffuso o meno il testo delle condizioni generali del contratto di fideiussione contenente le clausole che costituivano oggetto dell’intesa restrittiva vietata ovvero, dopo il provvedimento della Banca d’Italia, abbia diffuso un testo emendato.
“Qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della violazione dell’art. 2 della legge antitrust” (Corte di Cassazione, ordinanza del 12.12.2017 n. 29810).
Pertanto, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 13846/2019, ha ritenuto che, affinché l’azione posta in essere dall’istituto di credito sia rilevante ai fini della commissione di un illecito concorrenziale deve essere accertata “non la diffusione di un modulo abi da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali, col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva: giacché, come è chiaro, l’illecito concorrenziale poteva configurarsi anche nel caso in cui l’abi non avesse contravvenuto a quanto disposto dalla Banca d’Italia nel provvedimento n. 55/2005, ma la banca (…) avesse egualmente sottoposto all’odierno ricorrente un modulo negoziale includente disposizioni che costituivano comunque oggetto dell’intesa di cui alla l. 287 del 1990, art. 2, lett. A)”.
Si rileva, inoltre, che la Corte d’Appello di Roma ha poi precisato che la fideiussione che riproduce o ricalca le clausole nn. 2, 6 ed 8 dello schema ABI è integralmente nulla, statuendo che “deve ritenersi esclusa l’applicabilità della nullità parziale ex art. 1419 c.c. in quanto la gravità delle violazioni in esame – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo […] ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni” dal momento che “nell’ottica di assicurare alla nullità la sua funzione sanzionatoria […] è necessario in questo caso applicare al contratto di fideiussione la più grave forma di patologia”.
La Corte di Cassazione non aveva, infatti, espressamente chiarito, né con la sentenza n. 29810/2017 né con la sentenza n. 13846/2019, se le clausole in questione determinassero la nullità dell’intero contratto o solo delle singole clausole riportate nel contratto di fideiussione.
CONSEGUENZE
Il principio di diritto enunciato non produrrà l’effetto di far cadere tutte le fideiussioni rilasciate a favore del ceto bancario in base a moduli uniformi.
La nullità dei contratti di fideiussione è stata definita dai commentatori non una nullità assoluta ma, piuttosto, nullità relativa con la conseguenza che l’iniziativa per il procedimento volto alla dichiarazione di nullità del contratto è del fideiussore.
La pronuncia ha fondamentale importanza nella determinazione del testo contrattuale delle fideiussioni che saranno in futuro prestate.
Per le fideiussioni già rilasciate su moduli bancari uniformi, l’applicazione del principio enunciato dalla Suprema Corte può permettere ai fideiussori attuali di rinegoziare talune clausole della garanzia prestata o, nel caso non intendano essere chiamati a rispondere del debito già invalidamente garantito, far riconoscere la nullità della garanzia, con possibile pregiudizio per il debitore principale, in quanto, il venir meno della fideiussione travolgerebbe anche tutti i contratti che hanno tale garanzia come presupposto (lo stesso contratto di mutuo o di conto corrente).
Si ripete poi che non tutte le fideiussioni in favore degli istituti di credito sono certamente nulle ma solo quelle che corrispondano allo schema contrattuale suddetto.
Pertanto, pare sempre opportuna l’analisi del testo della garanzia sottoscritta da parte di un soggetto competente al fine di promuovere una causa per ottenere la declaratoria di nullità di un contratto di fideiussione omnibus oppure per paralizzare le pretese già avanzate dall’istituto di credito.
Il diritto – anche per il fideiussore – di ottenere la consegna della documentazione dalla Banca trae fondamento dall’art. 119 TUB e dal dovere di comportarsi secondo buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c.. e secondo correttezza (art. 1175).
Valutiamo gratuitamente la tua fideiussione, mettendo a disposizione un notevole archivio di fideiussioni corrispondenti ai moduli uniformi.
Per sottoporci il testo della fideiussione, per accedere alla nostra raccolta di fideiussioni conformi ai moduli ABI o per qualsivoglia chiarimento:
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