Le obbligazioni propter rem e gli oneri reali non possono vantare, a differenza delle servitù, una espressa definizione codicistica, così che l’elaborazione di entrambe le categorie si deve agli sforzi suppletivi della dottrina e della giurisprudenza.
E’ possibile raggruppare tali diversità in questa elencazione:
1) L’onere reale
E’ un peso che grava sul fondo, comportandone una soggezione permanente. La prestazione è connessa alla proprietà ed al possesso solo per dare modo al creditore di essere più sicuro dell’adempimento, ma non in funzione di una migliore utilizzazione del fondo o di un coordinamento nell’utilizzazione dei fondi (come nelle servitù). Chi si trova nel godimento di un immobile gravato da onere reale risponde anche delle obbligazioni pregresse, ma nei limiti del valore del bene.
Tale onere, dunque, è un peso che grava sul bene (e non sul soggetto come avviene per le obbligazioni reali) consistente nell’obbligo di dare un prestazione periodica a vantaggio dell’utilità personale del soggetto creditore (e in questo si distingue dalla servitù prediale che è concepita ai fini dell’utilità del solo fondo dominante). Il soggetto “creditore”, in caso di inadempienza da parte dell’onerato, ha la possibilità di vendere il bene e soddisfarsi sul ricavato con preferenza su altri creditori, alla stregua di una vera e propria garanzia reale.
Il debitore inadempiente, dunque, risponde in ogni caso nei limiti del valore economico del bene gravato, e non, come nelle obbligazioni propter rem, ai sensi dell’art. 2740 c.c.
La caratteristica essenziale dell’onere reale consiste proprio in questa particolare funzione di garanzia reale sul bene. Così, a differenza di quanto accade in materia di obbligazioni propter rem, se il soggetto passivo di un onere reale non adempie, il creditore è legittimato ad esperire l’azione reale sul fondo, chiunque ne sia l’attuale titolare o possessore, ed a soddisfarsi con prelazione rispetto agli altri creditori dell’onerato sul ricavato della vendita forzata (art. 2919 c.c.), limitatamente alle stesse prestazioni scadute e non adempiute dal precedente titolare del diritto (BIGLIAZZI-GERI).
L’onere reale è una qualità giuridica dell’immobile e da esso inseparabile, con l’effetto di obbligare il proprietario, in quanto tale, ad eseguire prestazioni positive e periodiche, di dare o facere, a favore del proprietario di altro immobile o di altro soggetto.
L’onere reale viene anche definito come “Il vincolo che inerisce un immobile obbligando tutti i successivi proprietari al pagamento di prestazioni periodiche”. La figura si differenzia all’obbligazione propter rem perché ha ad oggetto somme di denaro o cose generiche da prestarsi regolarmente e crea un vincolo che grava sull’immobile ed è possibile soddisfarsi sul bene in caso d’inadempimento dell’originario debitore: il creditore infatti vanta il potere immediato ed assoluto di soddisfarsi sul bene, chiunque ne diventi proprietario o ne acquisti diritti reali di godimento o di garanzia. In ragione di ciò, parte della dottrina include la categoria in esame nell’ambito dei diritti reali; ciò implica altresì che non è consentito ai privati costituire oneri reali al di fuori delle ipotesi legislativamente previste
Il nostro codice ignora la figura in armonia alla sua struttura non vincolistica: unico esempio che se ne può trarre è quello relativo ai contributi dei consorzi di urbanizzazione. Essi sono, in ogni caso, in numero chiuso e tipici.
2) L’obbligazione propter rem
Essa non importa onere sul fondo, che non è gravato da alcun peso, né si trova in una situazione permanente: il riferimento alla titolarità del diritto di proprietà serve solo per l’individuazione del soggetto passivo dell’obbligazione.
Il peso grava su un soggetto debitore e non su un bene, atteso che quest’ultimo risulta funzionale esclusivamente all’individuazione del soggetto tenuto all’obbligazione.
L’obligatio propter rem è un legame indissolubile tra l’obbligazione e la cosa, e la sua funzione causale giustifica l’individuazione del soggetto obbligato nel titolare del diritto reale sulla res. (Cass., 5.9.2000, n. 11684, in Riv. giur. ed., 2000, I, 1085).
In caso di circolazione del bene sarà l’acquirente il soggetto onerato ad adempiere le obbligazioni che sono sorte prima dell’atto di trasferimento.
Un esempio pacifico di obbligazione propter rem è quello riguardante le spese per la conservazione della cosa comune che gravano su ciascun proprietario ai sensi dell’art.1104 c.c.: in caso di alienazione della quota di comproprietà sarà il successivo comproprietario ad essere tenuto al pagamento delle spese di conservazione.
Le dette obbligazioni si trasferiscono cioè con il trasferimento della proprietà del bene (cd. obbligazioni ambulatorie); tuttavia sono pur sempre obbligazioni e in quanto tali hanno ad oggetto indifferentemente un obbligo di dare, di facere o non facere.
Da qui il differente significato del concetto di realità, presente nelle figure in esame. Mentre nelle obbligazioni propter rem, infatti, il concetto di realità va inteso in senso meramente funzionale all’individuazione del soggetto passivo del rapporto, nel caso dell’onere il termine “reale” va riferito alla particolare funzione di garanzia reale sul bene che l’onere viene ad esplicare.
Laddove, poi, il debitore risultasse inadempiente risponderebbe con tutti i suoi beni, presenti e futuri, anche oltre il valore economico del bene su cui insiste l’obbligazione, e secondo le regole della responsabilità patrimoniale generica di cui all’art.2740 c.c.
- La rinuncia abdicativa alla quota di comproprietà, nel caso di obbligazione propter rem gravante sul bene in comunione, determina l’accrescimento della quota rinunciata a favore degli altri compartecipanti e dunque una proporzionale maggiore responsabilità per questo quale effetto indiretto della rinuncia medesima;
- nel caso di onere reale parleremo di abbandono liberatorio, in cui il titolare della res se ne libera e con essa si libera dei relativi obblighi.
La rinunzia abdicativa del partecipante ad una comunione, in quanto determina l’accrescimento della quota rinunciata a favore degli altri compartecipanti, ha una funzione satisfattiva-liberatoria: ne consegue che il rinunziante, con la dismissione del proprio diritto (reale) si libera delle obbligazioni (propter rem) a quel diritto collegate, e queste vanno a carico dei rimanenti partecipanti. (Cass., 23.8.78, n. 3931).
La rinuncia liberatoria:
la liberazione dalle obbligazioni propter rem già sorte
Il rinunciante in conseguenza dell’atto unilaterale puramente dismissivo della rinuncia abdicativa cesserà di rispondere delle obbligazioni propter rem successive all’atto medesimo, ma continuerà a rispondere delle obbligazioni pregresse.
La liberazione anche dalle spese pregresse sarà conseguenza soltanto di una rinuncia liberatoria quale quella prevista nelle ipotesi di cui agli artt. 882 (in tema di riparazione del muro comune) e 1104 c.c. (sulle spese necessarie per la conservazione ed il godimento della cosa comune) e che richiede, ai fini della stessa liberazione, che la stessa rinuncia sia portata a conoscenza del terzo in quanto il negozio, in questo caso, è recettizio.
Gli articoli del codice civile da ultimo citati costituiscono ipotesi tipizzate di rinuncia al diritto di proprietà, caratterizzate proprio dall’effetto ulteriore della liberazione del rinunciante dall’obbligazione propter rem di contribuzione alle spese già sorte. Tale liberazione però può valere per il passato (efficacia ex tunc) solo se espressamente previsto da una norma.
NB: a norma dell’art. 1118 c.c. è irrinunciabile la quota di proprietà condominiale.
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