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DONAZIONE DI QUOTA DI BENE IN COMUNIONE

L'atto dispositivo di un bene compreso in una più ampia massa.

Marzo 3, 2020 by GC Lascia un commento

Cassazione, sentenza 15 marzo 2016, n. 5068, sez. unite civili

SUCCESSIONI – DIVISIONE EREDITARIA – Donazione – Di un bene altrui – Di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria – Nulla.

La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante.

La vicenda sottoposta al giudizio della Corte

Con atto pubblico del 1987, un soggetto (Tizio) donava al nipote ex fratre (Caio) la nuda proprietà della propria quota di comproprietà, pari a 5/12, di due appartamenti facenti parte di un fabbricato sito in Reggio Calabria.

Detta quota era pervenuta a Tizio in parte inter vivos (per 4/12) e per il resto (1/12) per successione legittima al fratello (Mevio).

Morto Tizio, una delle eredi legittime adiva il Tribunale di Reggio Calabria affinché, tra l’altro, fosse dichiarata aperta la successione del medesimo Tizio, da devolversi secondo le norme della successione legittima, e si procedesse alla divisione ereditaria.

Una delle parti costituitesi in giudizio chiedeva, quindi, che tra i beni da dividere fosse inclusa la quota donata con l’atto del 1987, sostenendone la nullità per inesistenza dei beni donati nel patrimonio del donante.

Il Tribunale, con sentenza del 30 aprile 2004, dichiarava la nullità dell’atto di donazione.

La Corte di Appello, con sentenza del 23 novembre 2006, confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che «dalla lettura sistematica degli artt. 769 e 771 cod. civ., doveva ritenersi la nullità dell’atto di donazione, potendo costituire oggetto di donazione solo ed esclusivamente i beni facenti parte del patrimonio del donante al momento in cui veniva compiuto l’atto di liberalità, tali non potendosi ritenere quelli di cui il donante era comproprietario pro indiviso di una quota ideale».

Proposto il ricorso per cassazione, venivano formulati alla Suprema Corte di Cassazione i seguenti quesiti di diritto:

1) se l’art. 771 c.c. può essere legittimamente interpretato equiparando a tutti gli effetti la categoria dei “beni futuri” con quella dei “beni altrui”;

2) se il divieto di cui all’art. 771 c.c. può essere legittimamente esteso anche ai beni di cui il donante è titolare in comunione ordinaria con i propri fratelli.

Con ordinanza n. 11545 del 23 maggio 2014, la Seconda Sezione Civile, ritenuta la questione di particolare importanza, ha rimesso gli atti al Primo Presidente ai fini della assegnazione alle Sezioni Unite, ponendo la seguente questione:

«Se la donazione dispositiva di un bene altrui debba ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell’art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante e quindi anche quelli aventi ad oggetto i beni altrui, oppure sia valida ancorché inefficace, e se tale disciplina trovi applicazione, o no, nel caso di donazione di quota di proprietà pro indiviso».

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 15 marzo 2016, n. 5068 ha stabilito che:

«alla questione debba essere data risposta nel senso che la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui è nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall’art. 771 cod. civ. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione», salvo che essa non sia stata conclusa «come donazione obbligatoria di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 cod. civ.)».

In particolare, secondo la S.C., “una piana lettura dell’art. 769 cod. civ. dovrebbe indurre a ritenere che l’appartenenza del bene oggetto di donazione al donante costituisce elemento essenziale del contratto di donazione, in mancanza del quale la causa tipica del contratto stesso non può realizzarsi. … Elementi costitutivi della donazione sono … l’arricchimento del terzo con correlativo depauperamento del donante e lo spirito di liberalità, il cd. animus donandi, che connota il depauperamento del donante e l’arricchimento del donatario e che, nella giurisprudenza di questa Corte, va ravvisato nella consapevolezza dell’uno di attribuire all’altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale”.

“In altri termini, prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri, di cui all’art. 771, primo comma, cod. civ., la altruità del bene incide sulla possibilità stessa di ricondurre il trasferimento di un bene non appartenente al donante nello schema della donazione dispositiva e quindi sulla possibilità di realizzare la causa del contratto (incremento del patrimonio altrui, con depauperamento del proprio).

In sostanza, dalla sentenza della S.C., deriva che in caso di donazione di cosa altrui (o parzialmente altrui) possono determinarsi due fattispecie:

* DONAZIONE NULLA, rappresentata dalla donazione di cosa altrui ad effetti reali immediati;

* DONAZIONE VALIDA, costituita dalla donazione di cosa altrui con efficacia obbligatoria.

Infatti, secondo la S.C., la donazione di cosa altrui è NULLA quando:

– le parti non siano consapevoli dell’altruità del bene;
– il donante ritenga “per errore” che il bene sia proprio;
– il donante sia in mala fede, perché consapevole dell’altruità del bene, ma non l’ha comunicata al donatario, facendogli intendere di esserne il pieno proprietario;

– le parti, nella comune e piena consapevolezza dell’altruità del bene, concludano un atto di liberalità, senza che tale altruità risulti dal titolo del bene e senza che il donante si assuma espressamente e formalmente nell’atto l’obbligazione di procurare l’acquisto del bene al donatario.

Al contrario, la donazione di cosa altrui e’ VALIDA quando le parti sono consapevoli dell’altruità del bene (che viene donato come bene altrui e non come cosa propria del donante), con l’obbligo espresso da parte di quest’ultimo di procurare l’acquisto del diritto in capo al beneficiario della liberalità. Così si esprime in proposito la S.C.:

«La donazione di bene altrui vale, pertanto, come donazione obbligatoria di dare, purché l’altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un’apposita espressa affermazione nell’atto pubblico (art. 782 cod. civ.)».

In mancanza di una formale assunzione dell’obbligo da parte del donante la donazione sarebbe nulla per impossibilità assoluta di realizzazione del programma negoziale e ciò perché «avendo l’animus donandi rilievo causale, esso deve essere precisamente delineato nell’atto pubblico; in difetto, la causa della donazione sarebbe frustrata non già dall’altruità del diritto in sé, quanto dal fatto che il donante non assuma l’obbligazione di procurare l’acquisto del bene dal terzo».

Ne consegue, secondo la S.C., che

“la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante”.

Ma perché, prima della divisione, non si può ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante ?

La S.C. richiama in proposito l’art. 757 cod. civ., secondo il quale

“Ogni coerede è reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione, anche per acquisto all’incanto, e si considera come se non avesse mai avuto la proprietà degli altri beni ereditari”.

Tale norma, ad avviso della S.C., «impedisce di consentire che il coerede possa disporre, non della sua quota di partecipazione alla comunione ereditaria, ma di una quota del singolo bene compreso nella massa destinata ad essere divisa, prima che la divisione venga operata e il bene entri a far parte del suo patrimonio».

La conclusione della S.C. vale solo per le comunioni ereditarie o si deve estendere anche alle comunioni ordinarie?

L’art. 1116 cod. civ., in materia di comunione ordinaria, dispone:
“Alla divisione delle cose comuni si applicano le norme sulla divisione dell’eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite”.

Ebbene, come affermato dalla S.C. anche in altre occasioni (v. Cass. 29 marzo 2006 n.7231), “l’effetto dichiarativo-retroattivo della divisione … poggia in via esclusiva sull’art. 757 cod. civ. … che l’art. 1116 cod. civ. estende al rapporto fra comproprietari che non sono coeredi”.

Ne consegue, quindi, che la decisione delle Sezioni Unite dovrebbe applicarsi anche alle comunioni non ereditarie.

In tal senso si è già espresso lo Studio CNN n. 200-2016/C, secondo il quale i principi sanciti dalla S.C. si applicano anche alle comunioni ordinarie ad oggetto plurimo costituitesi in forza del medesimo titolo.

In pratica, lo Studio CNN mostra di aderire alla tesi secondo la quale nel caso di “masse plurime” non si è in presenza di una unica comunione ma di più comunioni, ciascuna derivante dal diverso titolo di provenienza, con la conseguenza che lo “scioglimento” è determinato da tante divisioni quante sono le masse.

CLAUSOLE PROPOSTE

PRIMO CASO DONAZIONE OBBLIGATORIA

Elementi necessari della clausola, secondo il principio di diritto sancito dalle S.U. della Corte di Cassazione:

* consapevolezza dell’altruità della cosa
* assunzione da parte del donante dell’obbligo di procurare al donatario l’acquisto del bene 

Profili di criticità:

* applicabilità della disciplina contenuta nell’art. 1478 c.c. in materia di vendita di cosa altrui

* deducibilità in condizione dell’obbligo di procurare l’acquisto del bene

* trascrizione dell’atto

Le parti dichiarano e si danno reciprocamente atto:

– che il diritto di comproprietà oggetto del presente atto di donazione è pervenuto al donante signor … in virtù della successione legittima/testamentaria in morte di … ;

– che la comunione ereditaria nascente dalla suddetta successione comprende altri beni, diritti e rapporti giuridici, oltre all’immobile oggetto del presente atto di donazione;

– di essere consapevoli dell’attuale condizione giuridica di tale immobile, che, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 5068/2016, non si può considerare attualmente come facente parte del patrimonio del donante, fino a quando e a condizione che lo stesso immobile venga assegnato al donante, in proprietà esclusiva, in sede di divisione;

– che, pertanto, la presente donazione non ha immediato effetto traslativo e deve essere configurata come “donazione obbligatoria”;

– che in particolare il donante signor … si obbliga ad ottenere, in sede di divisione ereditaria, l’assegnazione dell’immobile oggetto del presente atto in proprietà esclusiva e ciò entro e non oltre il termine del … .

– che, per effetto del presente atto di donazione e della sua natura obbligatoria, il donatario signor … ha diritto di essere chiamato ad intervenire all’atto di divisione, ai fini della sua opponibilità, come previsto dall’art.1113, comma 3, c.c..

Le parti chiedono la trascrizione immediata del presente contratto di donazione a carico del donante e a favore del donatario, con indicazione nella relativa nota di trascrizione che si tratta di atto ad effetti reali differiti e che l’acquisto della proprietà della quota indivisa in favore del donatario signor … è sottoposto alla condizione sospensiva legale dell’assegnazione in sede di divisione dell’immobile in oggetto al donante signor … .

A seguito dell’avveramento della superiore condizione sospensiva legale, ai fini dell’annotamento previsto dall’art. 2668 cod. civ., la parte donante si impegna a sottoscrivere apposito atto notarile dal quale consti il detto avveramento.

SECONDO CASO
DONAZIONE AD EFFETTI REALI IMMEDIATI

Le parti dichiarano e si danno reciprocamente atto:

– che il diritto di comproprietà oggetto del presente atto di donazione è pervenuto al donante signor … in virtù della successione legittima/testamentaria in morte di … ;

– che la comunione ereditaria nascente dalla suddetta successione comprende altri beni, diritti e rapporti giuridici, oltre all’immobile oggetto del presente atto di donazione;

– di essere consapevoli della posizione assunta dalla Corte di Cassazione – Sezioni Unite con la sentenza n. 5068/2016 e che intendono porre in essere una donazione del superiore diritto di comproprietà con immediati effetti reali.

A tal fine, intervengono al presente atto anche i signori … , nella loro qualità di ulteriori coeredi e comproprietari dell’immobile in oggetto, i quali prendono atto della superiore donazione e, mantenendo la titolarità delle proprie quote di comproprietà sull’immobile medesimo, acconsentono a che:

– il presente atto produca – limitatamente alla quota donata – effetti reali con decorrenza immediata;

– sull’immobile oggetto del presente atto si formi una nuova e distinta comunione con la parte donataria, da assoggettarsi a divisione separata rispetto a quella dell’originaria massa comune.

credits: SCUOLA DI NOTARIATO DI CATANIA “JACOPO DA LENTINI”

La presente trattazione in quanto attinente alla disponibilità di un bene compreso in una più ampia massa, non può – a nostro avviso – che portare a considerazioni da condividersi per l’ipotesi nella quale il comproprietario, invece di trasferire detto bene/diritto o porzione del medesimo a terzi, intenda, semplicemente, rinunciarvi. Le specifiche argomentazioni sono riportate qui.

Giulio Cesare
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